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Suono 284 Amplificatore integrato Big Brio Roberto Rocchi

amplificatore integrato Rega Big Brio

Assolutamente vietato per la Rega offrire un prodotto banale, privo di personalità e quindi anonimo. Questo piccolo integrato a transistor ribadisce il livello qualitativo raggiunto dalla ditta inglese e non tradisce la filosofia del British sound.

Ebbene si, lo ammetto, a volte, in alcuni periodi, sono assalito da una certa noia, da una strana voglia di non far nulla. Non so esattamente a che cosa ciò sia dovuto, ma penso che, senza prendersela con la situazione politica italiana o con l'economia che va a rotoli, che va bene, che va male, che va in... Europa, o con il TG 4 di Emilio Fede a con l'ultima bolletta da pagare, in ultima analisi tutto dipende semplicemente dal fatto che io sono fatto così. Sono uno di quelli che hanno accettato (non nel senso di ascia) se stesso. Come se tutto ciò che un essere umano é, o fa, derivi da un ego interno trascendente talmente potente ed importante da imporsi all'ego materiale ed immanente. Eppure, mi ferisce ammetterlo, a volte è così. Mi getto sul divano e, dopo aver stancamente acceso l'impianto e messo un dischetto qualunque, comincia la lotta tra me e me medesimo:
"Dài Rocchi, alzati e fa qualcosa, devi lavare la tua auto già da quattro mesi e lo devi fare prima che schiudano i pidocchi, poi devi continuare il corso d'inglese e quello di Windows 95, devi cambiare le corde alla tua Fender, poi ti deciderai a riparare quella benedetta doccia, orsù di cosette da fare ne hai parecchie e devi anche terminare tre articoli prima che Berlinguer e Corciulo comincino ad odiarti seriamente, tanto già gli stai simpatico.
Allora prendo il coraggio a due mani ed esco con la mia vecchia e lurida Alfa 75 (con l'impianto gpl) e l'intenzione di portarla a lavare, invece mi infilo nel prima concessionario e mi scelgo un'auto nuova. Già mi sento meglio. Visto che è così ora riparo la doccia, naturalmente urge trovare un ferramenta aperto, per caso passo davanti ad una agenzia immobiliare ed è un attimo... affitto un altro appartamento. Fortunatamente torno a casa, di danni per oggi ne ho fatti abbastanza, la mia Fender mi guarda sconsolata, le sue corde sono sempre più arrugginite tanto che sembrano dirmi: "Guardati i polpastrelli della tua mano sinistra, ti piacciono casi, percorsi da una bella riga rosso mattone scuro?".
Accendo il computer, le vie di Winword sono lastricate di buone intenzioni, prima però una partita a Pinball 3D, poi un solitaria, poi tetris, vediamo la posta elettronica, una navigata su intemet... Freetel e... è tardi, vado a dormire gli articoli li finirò domani ed il corso di inglese pure. Vi sembra che abbia scherzato? Mah, fate un po' voi.
Esiste, comunque, qualcosa che in questi frangenti riesce a destarmi da questo torpore psicasomatico, vale a dire l'ascolto di qualche interessante apparecchiatura hi-fi. In questo caso l'artefice del mia risveglia è un integratino da 30 watt funzionante a transistor della inglese Rega.
Nel 1996 Rega è comparso diverse volte sulle pagine di SUONO e io stesso nel numero di luglio-agosto, se non ricordo male, provai l'integrato Elicit da 70 watt con risultati lusinghieri. Il Big Brio si pone come il meno potente tra gli integrati della marca britannica, ma conserva intatta tutta la filosofia costruttiva e progettuale propria di questa linea di apparecchiature distinguendosi per l'interessante risultato sonoro che, a volte anche in moda clamoroso, trascende dal casto. Allora, perché Big? I conoscitori di Rega avranno già dato una risposta sicura a questa domanda semplicemente guardando le sue foto. In effetti il Big Brio raddoppia le dimensioni della gloriosa versione precedente e si presenta con la chàssis preciso ed identico a quello dei suoi fratelli maggiori (Elex ed Elicit) e dei finali Exs ed Exon. Qualche differenza la si può invece notare nella disposizione dei comandi ma, soprattutto, nella costruzione interna. Rispetto al primo Brio si è operato un surdimensionamento del filtraggio e dell'alimentazione. Sul frontale sono disposte, oltre all'interruttore di accensione, due manopole una del volume e l'altra per la scelta della sorgente, inutile ricordare che i controlli di tono sono stati assolutamente banditi anzi, non credo di sbagliarmi, la Rega non li ha mai presi in considerazione. Per quanto riguarda il pannello posteriore ho notato con piacere la comparsa delle prese di uscita al posto dei semplici fori per le bananine da 4 mm che avevano mosso, da parte mia, l'unico rilievo costruttivo nei confronti dell'Elicit (anche se adesso trova scamoda la scelta delle connessioni poste in senso orizzontale). Gli ingressi sono i canonici quattro più il phono per testine MM. L'interno è caratterizzato da un buon ordine progettuale e da un lay-aut pulito. Il toroidale, di ottima qualità, è coperto da un disco di gomma che probabilmente serve a stabilizzare o smorzare le sue vibrazioni, fa bella mostra di sé il piccolo e rustico, ma qualitativamente eccellente, potenziometro Alps.
La prova di ascolto è stata effettuata collegando al Big Brio la mia fida sorgente a due telai Teac P-700 e D-700 tramite i cavi Music Link Plus Transparent Cable, ed i Piccola della Carnica Diffusori Acustici tramite l'economico, ma ottimo, cava Rega che utilizza già da diverso tempo, stand Prandini in legno da me modificati. Mi sembra sia tutto ed inizia con (...una caramella succhiata a chi indovina) Garv Maoore, After Hours, Charisma. Con la musica rock non è possibile aspettarsi miracoli da una amplificazione di 30 watt, ed in effetti il Rega propone uno stage un po' limitato in altezza ma ben esteso in orizzontale, tanto per fare un esempio sembra di assistere ad una proiezione in cinemascope, ma questo, lungi da essere un difetto, volge a favore dell'economico e piccolo Rega. Una dimostrazione del caratterino dell'apparecchiatura inglese, è data dalla capacità di ricreare un panorama sonoro profondo che è scandito e contrastatato in modo preciso. Questa piacevole particolarità è l'artefice di un approccio d'ascolto decisamente accattivante, che testimonia l'intelligenza e l'intuizione dei progettisti inglesi. Infatti, senza voler stupire con i soliti "effetti speciali" cui nessuno ormai abbocca più, alla Rega si sono prodigati al fine di ottenere un qualcosa che possa avvicinarsi al suono dei grandi e costosi impianti hi-fi. Questo qualcosa è uno stage profondo e corretto tanto da andare ben oltre le comuni possibilità degli integrati appartenenti alla categoria e al prezzo del Big Brio. Le tre frequenze principali sembrano essere corrette e ben equilibrate tra loro. In effetti nessuna sembra prevalere sull'altra, o meglio, non si è voluto prediligere nessun range, ottenendo così un suona omogeneo e matura. Il tutta è sostenuto da una ottima capacità di eragare i 30 watt in moda impulsiva e dinamico tanto che, se non avessi saputo a priori la potenza, mi sarei sicuramente sbagliato nel tentativo di indovinarla. La scena quindi risulta convincente, appagante e priva di quelle fastidiose spigolature proprie delle apparecchiature di questa fascia e prezzo. Una valutazione positiva nasce dal constatare l'assenza di esagerazioni negli estremi banda che, sovente, servono a mascherare limiti e difetti delle apparecchiature le cui scelte tecniche e progettuali sono rivolte all'abbattimento dei costi. La chitarra elettrica è restituita in modo credibile, con un leggero accenno di liquidità negli assolo che interessano le scale medie ed una lievissima mancanza di dinamicità nella restituzione delle note più acute (15-19° tasto). La voce di Moore è buona e ben ferma nello stage, anche le voci del coro femminile non deludono pur rimanendo appena in secondo piano. Basso elettrico e batteria si sostengano in modo piacevole, dimostrando così la correttezza timbrica nella restituzione di questi due strumenti, grazie soprattutto alla netta sensazione di separazione tra gran cassa e basso. Belli gli ottoni che sono bruniti e giustamente ruvidi. Nell'insieme si può considerare buono il comportamento col genere rock del piccolo ampli inglese.
Vediamo come il Big Brio se la cava con la New Age di Enya (The Memory of Trees, Wea). L'atmosfera tersa e raffinata di questo CD viene gradevolmente rispettata dal Rega che aggiunge di per sé una certa dinamica, sottraendo però una parte della dolcezza propria di questa musica. Rimane entusiasmante l'effetto tridimensionale offerto, soprattutto per il fatto che si estende in profondità piuttosto che in avanti. In tal modo il Brio genera un ascolto sempre piacevole e capace di attirare l'attenzione senza peraltro infastidire o creare affaticamento. Confermo il buon equilibrio della risposta in fase ad orecchio delle frequenze, con un piccolo appunto per quanto riguarda i passaggi musicali nella zona delle medio alte in cui, per brevissimi momenti, ha notata un indurimento nell'emissione ed un lieve impastamento di strumenti e voci. Buone le basse e le alte che, senza strafare, mantengono presenza ed intelligibilità mostrando compostezza e controllo. Ad ogni buon conto voci e strumenti si esprimono in modo sostanzialmente corretto, non facendo rimpiangere nessuna particolarità se non un pò di colore e di armoniche, ma queste sfumature, tengo a ricordarlo, sono prerogativa di apparecchiature di tutt'altro segmento e prezzo.
IBando alle ciance, quindi, e passiamo ad altro genere musicale.
Il buon Lee Ritenour (Wes Bound,GRP) è il consueto ospite delle prove concernenti la musica fusion, ma è il Big Brio l'oggetto di questa prova e di nuovo si conferma come artefice di un quadro sonoro ampio ed avvolgente. Allora perché non valorizzare maggiormente questa dote? Detto fatto. Sposto gli stand ed i diffusori dalle pareti laterali e di fondo aumentando, in modo deciso, l'angolo di incrocio delle Piccola in modo che il fuoco sia situato a circa due metri dal punto di ascolto. Da questo momento in poi è il gusto personale a prevalere su ogni altro parametro oggettivo. Quindi inutile esprimere dei giudizi (che comunque ritengo positivi) e passo ad esprimere il mero risultato sonoro che, ovviamente, si esprime con una lieve (direi sorprendentemente lieve) caduta contemporanea della presenza delle basse frequenze e del microcontrasto. Ma è l'effetto tridimensionale a goderne, acquistando un valore davvero notevole estendendosi in profondità ma mantenendo inalterata la sensazione dei diversi piani sonori. La risposta in fase delle frequenze rimane buona a parte, come ho appena accennato, un senso di leggerezza delle basse dovuto alla posizione dei diffusori. Aumentando il volume si può notare un indurimento delle alte e l'avanzamento nello stage delle medie, ma questo è normale per un integrato da 30 watt. Anzi il Big Brio offre questo comportamento in modo meno evidente di quanto ci si possa aspettare, vi passo garantire che elettroniche ben più costose e potenti fanno di peggio. Tornando alla prova rilevo una piacevole sensazione d'ascolto, che è ormai una costante, aiutata anche dalla degna correttezza timbrica del Big Brio che sembra trovarsi a suo agio con questo genere musicale che non è propriamente facile da riprodurre, soprattutto considerando la densità dei passaggi affollati da strumenti e campionature. Ottenere un suono non impastato è già un buon risultato ed il Rega in questo caso è stato promosso con buoni voti.
La parte della seduta di ascolto dedicata al Jazz è sempre quella che affronto più volentieri, ma anche la più imbarazzante. Non vi dico quanti CD e dischi possiedo, ma per la maggior parte sono di questo genere musicale e la scelta è sempre dura da operare. Negli ultimi periodi ascolta spesso con il solito impianto di riferimento il CD Ballads del John Coltrane Quartet (Impulse!). Si tratta di registrazioni effettuate tra il Dicembre del 1961 e il Novembre del 1962 e rimasterizzate dalla MCA Music Media Studios. Semplicemente stupendo. Il mio unico rimpianto è di aver avuto solo due o tre anni a quell'epoca. Ecco allora il sax tenore di Coltrane caldo e vellutato soffiare note potenti ed arrotondate, mentre il pianoforte di Mc Coy Tyner sorregge e prosegue gli assolo lungo un manto musicale ritmato steso da Elvin Jones alla batteria e da Garrisan al contrabbasso. Sono perso.
Trasportato e rimbalzato da uno strumento ad un altro poi sollevato su, in alto, e quindi scaraventato
di nuovo sulla mia sedia di legno, davanti al mio piccolo e rotondo tavolino, bevendo baurbon in un localaccio buio e pieno di fumo dove, nella penombra, quattro negri brutti e drogati suonano una diavola di musica. I love jazz! Il nero Big Brio è in grado di assecondare l'atmosfera morbida e scura di questa musica donando impulso al sax, che è posto in primo piano dalla registrazione, e restituendo un pianoforte dinamico e liquido. Il cantrabbasso, appena poco in secondo piano per i motivi che ho descritto qualche riga più sopra, è sufficientemente presente. Bella è invece lo spalancarsi della scena acustica nel momento in cui i piatti della batteria vengano percossi o semplicemente toccati. Dunque è la giusta dimensione del panorama sonoro, ancora una volta, a farla da padrone e fare in modo che al BigBrio venga assegnato maggior punteggio nel mio personalissimo cartellino. Devo ammettere che se avessi iniziato la mia sessione di ascolto con la musica classica, le mie note critiche sarebbero state molta più inclini ad una già favorevole valutazione del Big Brio. Del resto non avrei minimamente sospettato che quest'inglesino, dall'aspetto piuttosto timido e dalla muscolosità non certo prorompente, potesse invece sfoderare delle doti interpretative sorprendenti. Di una sorpresa si tratta infatti anche se, onestamente, avevo fiutato qualcosa proprio ascoltando il Jazz. Con il mio solito dischetto di musica classica (L'Orchestra, SUONO, Hi-Fi United) sono stato testimone di un modello interpretativo notevole, dai toni caratteristici di coinvolgimento e godibilità. Non sto parlando di micro a macrocontrasto, di colore e timbro o di risposta in fase delle frequenze. Sto parlando di una giusta dose di tutto ciò, di una miscela di parametri cui solitamente si è usi far riferimento quando si giudica un apparecchio di stampo audiophile. Il Big Brio ha la facoltà di governare quest'insieme di caratteristiche senza eccellere in nessuna ma risultando nell'insieme una formula vincente. Ancora una volta annoto la capacità di rendere la scena profonda, ampia in senso orizzontale e quindi piacevolmente avvolgente. Gli altoparlanti dei miei diffusori non sembrano subire clamorosi colpi di elettricità, ma sembrano appena sfiorati da questa con delicatezza e buon gusto, senza forzatamente voler dimostrare energia e potenza anche dove non ce n'è bisogno. Le tonalità scure sembrano essere quelle preferite dal Big Brio, ma al momento giusto dimostra di saper illuminare la stage con discrezione e, nello stesso tempo, con decisione. Certo a volte mostra la corda, soprattutto nei passaggi più impegnativi vale a dire nei pieni orchestrali, ma in questo casa preferisce mancare di dinamica piuttosto che impastare irrimediabilmente la scena. Dimostrazione di saggezza ed intelligente umiltà. Trarre delle conclusioni sta diventando sempre più difficile col passare degli anni. Infatti non posso dire di aver recensito nell'ultimo anno un salo apparecchio che suonasse decisamente male, ma solo apparecchi con doti generalmente apprezzabili e magari con qualche difettuccio ma che di per sé non giustificano la bocciatura. La cosa che ho notato è che tutti gli apparecchi dimostrano di avere una propria personalità, un proprio modo di intendere la restituzione dell'evento musicale, ed è stata questa la difficoltà maggiore da parte di chi scrive. Tentare di descrivere non solo un evento sonoro ma anche in che modo questo viene interpretato da una macchina è stato, a volte, decisamente arduo. Intuire, a almeno cercare di intuire, le caratteristiche salienti e sottopone ai lettori nel modo più obbiettivo possibile, è stata il filo conduttore di tutti i miei articoli. Forse a qualcuno sembrerà poco, ed allora rispondo dicendo che preferisco far poco... ma bene, se non altro nel rispetto di chi compra e legge la rivista.
A questa punto mi tocca stilare le note conclusive nei riguardi del Rega Big Brio dicendovi che a me è piaciuto. La leggera mancanza di dinamica estrema (ricordatevi che si tratta di un 30 watt) viene sopperita dall 'estrema naturalezza dell 'emissione che non perde mai di messa a fuoco e dà un certo piacevole contrasto. La dote migliore comunque è il largo panorama sonoro offerto, non privo di capacità avvolgente che attira la spontanea attenzione di chi ascolta. Non ha rilevato controindicazioni di sorta e quindi vi posso suggerire che, dato il prezzo del Rega Big Brio, si potrebbe ipotizzare di costituire un impiantino da circa due milioni e mezzo. Personalmente pensa che l'integrato Rega meriterebbe una buona sorgente digitale, per cui azzarderei una spesa di circa sette ottocentomila lire per un CD player di una certa qualità tecnica e sonora (Marantz, Denon etc.), Stanzierei una cifra intorno alle cinque seicentomila lire per l'acquisto dei diffusori e, a ben guardare, le scelte sono molte e non certo obbligate a dimostrazione del fatto che nel campo dei diffusori si sono fatti notevoli passi in avanti nella tecnica e altrettanti indietro nel prezzo. Comunque per i più pigri, e a solo titolo orientativo, posso ricordare diffusori di sicura qualità come Chario Syntar 1 MKII, Monitor Audio 1 Gold, Mission 731, ma ripeto che l'elenco potrebbe essere ben più ampio e tutti potrebbero far da giusto corollario al Rega Big Brio. Ai gentili e pazienti lettori l'opportunità di plasmare le varie possibilità a seconda del proprio modo di intendere l'ascolto della musica preferita raccomandando sempre di fare scelte ed acquisti equilibrati.

Roberto Rocchi

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