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Suono Nov '99/304 Sistema Rega Gianfranco Machelli

sistema Rega

Strumento a 7 corde. Sette componenti, sette specialisti; la stessa famiglia, la stessa professione, lo stesso destino: tradurre e produrre suoni per l'Uomo che li ha pensati.

Rega Research 1998: un veliero zeppo di mirabilie che naviga, con il vento in poppa, attraverso l'oceano ipotetico delI'Home Entertainment, verso le sponde del secolo XXI, nel continente del III millennio. Nell'affrontare l'ennesima sfida, la Rega di Roy "Braveheart" Gandy tiene sempre l'occhio alla bussola, ed il timone fermo verso la sua stella polare: l'indipendenza dell'Audio di qualità dalla qualità del reddito. Superata da tempo la dimensione di specialista monogenere (giradischi) Gandy non ha più smesso (né accenna a farlo) di progettare, costruire e produrre componenti che possano rappresentare il massimo ottenibile a fronte di un prezzo statisticamente definibile "contenuto".
Il pretesto per tornare a proporre un sistema Rega è questa volta offerto dal contemporaneo lancio di due nuovissimi prodotti: il finale di potenza Maia ed il diffusore acustico Jura. Entrambi vanno a posizionarsi strategicamente sullo scacchiere commerciale Rega, integrando ed ampliando il ventaglio di composizioni possibili, sempre rimanendo nel solco di una relazione costo/beneficio di alto interesse per l'Acquirente. Similmente alla puntata precedente sarà questo uno dei temi ricorrenti della Rubrica - anche questo ensamble consta di due sorgenti, una analogica (Planar 3 con RB-300 e testina MM Elys) ed una digitale (Planet); un amplificatore integrato di partenza (Mira), al quale potrà essere aggiunto in seconda battuta un finale (Maia) al fine di comporre una bi-amplificazione con diffusori predisposti (Jura) o più semplicemente godere della sofisticazione cerebrale e sonica del due telai (pre/finale). Entrambi i lettori sono consumati frequentatori delle classifiche dei più venduti, e per uno di essi (Planar), anche da più tempo: 25 anni!. E sì, il Planar 3 - alle origini Planet, lo stesso nome ereditato dalla omonima, prima sorgente digitale firmata da Gandy - esiste da un quarto di secolo e in una esecuzione essenzialmente sempre uguale a se stessa salvo piccoli, invisibili, inconfessati ritocchi e miglioramenti che via via Esperienza e Tecnologia mettevano a disposizione. Oggi come ieri, e forse ancora chissà per quanto, il Planar 3 (ma anche il 2 ed il 9, rappresenta il più sintetico, scarno ed efficace concetto di base per far ruotare un disco e fornire una base d'appoggio al braccio di lettura. Ci troviamo di fronte ad un pannello rettangolare di medite alto 3 centimetri, rifinito nero (ma esiste anche in altri "fragorosi" colori, come il verde menta, fucsia, arancio, testimonianza ironicamente blasfema della convinzione circa la bontà della cromoterapia affermata dall'ineffabile e sano Gandy) al centro del quale troviamo la bronzina che funge da sede al perno di rotazione del piatto. La lavorazione di queste due parti, destinate ad agire intimamente in simbiosi, è la principale responsabile delle eccellenti prestazioni di questa macchina, oltre ad essere anche la più costosa. Parte del perno è affogato in un tamburo di plastica molto dura, irrobustito da nervature radiali, che funge da supporto al piatto - questo in vetro, per motivi di economicità e rigidità - messo in movimento da una cinghia a sezione tonda che abbraccia il tamburo stesso, quindi ingaggia una delle due gole di un motore sincrono a 24 poli, sospeso elasticamente al telaio per ridurre lo stress conseguente allo spunto d'avviamento. A completare, il tipico tappetino in feltro nero da porre sul piatto e la pesante calotta fumé con "finte" cerniere, oggi meno delicate di una volta. Ma il vero protagonista di questo trittico analogico è il lungamente celebrato RB-300. Presentato nella prima metà degli anni Ottanta sostituendo il pur valido R-200, modello ad "S" con portatestina amovibile di progetto e produzione nipponica (l'ottima scuola Acos Lustre), I'RB-300 adottò - tra i primi gli stilemi geometrico/meccanici che sarebbero da quel momento in poi divenuti la norma. La canna è un sol pezzo, disegnando un profilo a "sigaro" nella sua lunghezza, fino all'articolazione. Questa è a cuscinetti - di sopraffina accuratezza - sia sul piano verticale sia su quello orizzontale. Il contrappeso, fino a poco tempo fa in tungsteno, è ora in acciaio e di diametro maggiorato rispetto all'originale, soluzione adottata per tenere fermi i costi senza risentirne nelle prestazioni, lasciando al solo RB-900 1'onere (e 1'onore) del pregiato materiale. Il resto del disegno annovera l'antiskating a molla con peso regolabile da 0 a 3 grammi e tre piedi di gomma, unica forma di isolamento nei confronti di sollecitazioni esterne. Limite storico e cosciente è la mancanza della regolazione in altezza per ottimizzare il VTA (Vertical Tracking Angle), cosa relativamente fattibile utilizzando dei distanziali opzionali (washers), salvo che il singolo non si ingegni con un amico tornitore certificato. Il secondo "peccato", veniale, ma pur sempre peccato, è il cavo di segnale, di dimessa ma, onesta qualità in rispetto al costo globale dell'oggetto. Anche questo handicap può essere però elegantemente superato: basta contattare la ditta che commercializza Rega (Suono e Comunicazione) per chiedere modalità e costi sul ricablaggio dell'RB300 con cavo più consono alle potenzialità del progetto. Completa il front-end analogico la testina Elys. Di tipo magneto-mobile, possiede il pratico, ma non inedito fissaggio a tre punti che evita all'utilizzatore la delicata ricerca del giusto punto di sbalzo (overhang), fondamentale per minimizzare la distorsione producibile da un errore radiale eccessivo. Lo stilo è di tipo ''fine line" e non è sostituibile, come avviene per la maggior parte dei modelli MM. Questo perché l'elemento che accoglie il cantilever (astina in materiale rigido e leggero che sostiene lo stilo di lettura), è solidale con l'intero corpo della testina e non una sua porzione separabile, quindi più robusto, rigido e "coerente" ai movimenti impressi dai solchi allo stilo. Sul fronte opposto, il Planet, già proposto e descritto nella puntata scorsa. Al lettore che - improvvidamente - abbia perduto quell'imperdibile articolo, ricordo che il primo esercizio digitale di Rega è un modello integrato con un'uscita analogica ed una digitale coassiale. La meccanica è Sony ed è accessibile dall'alto tramite un ingegnoso oblò con articolazione a "ginocchiello". Il software digitale è Burr Brown approntato su specifiche Rega. Tipicità delle elettroniche Rega è il cabinet, composto da due gusci in pressofusione, uguale per ogni componente, compresi tuner e lettori digitali, sui i quali l'alettatura predisposta per le amplificazioni fa sorgere fantasiosi interrogativi a quegli appassionati ignari dei metodi di ottimizzazione produttiva in vigore alla Rega. Passiamo ora all'amplificazione, incarnata per l'occasione dal relativamente nuovo Mira (1997). Tralasciando l'estetica, argomento molto soggettivo quando si parla di Rega, il Mira è un apparecchio moderno, intelligentemente completo e tecnicamente competente. Dato per una sessantina di watt RMS su 8 ohm, ha tutte le funzioni telecomandabili e 6 ingressi, tra cui un phono MM di buona qualità. Come tutti gli integrati di questa ultima generazione, anche il Mira possiede l'uscita pre-out, che gli consente sia di pilotare una seconda sezione finale separata, sia come tradizionale pre puro, isolando lo stadio finale agendo su appositi micro interruttori posti all'interno dell'apparecchio. Il Mira è di per sé un'amplificazione piuttosto potente, con una rispettosissima riserva di energia e capacità di pilotaggio. Entrambe le cose consentono allo smilzo componente di cavarsela egregiamente con il 90% delle casse acustiche in commercio. Al solito, però, esistono esigenze di maggior qualità e/o quantità a fronte di imprevedibili singole contingenze. Il Mira può essere appaiato con successo - per coincidenza sonica e passo musicale - al neonato Maia, finalino veramente sfizioso per contenuto tecnico ed impronta acustica. Di reale tipologia dual-mono (possiede due trasformatori toroidali e relative sezioni di filtro), è dichiarato per 85 watt/canale, potenza straordinariamente elevata per un finale inglese, considerando il limite dei 70/80 watt quello storicamente adottato dai modelli top dei più prestigiosi marchi britannici. Il Maya, in questa disposizione, viene contemplato per pilotare la sezione bassi dei Jura, lasciando al meno potente Mira quella degli alti. I1 diffusore Jura è l'altra freschissima novità. Modello da pavimento, ha una foggia più tradizionale rispetto agli Xel ed agli Ela, anch'essi da pavimento, con cabinet a sezione rettangolare per tutto il suo sviluppo (20,5 x 25 x 80 cm). Tecnicamente, è un reflex con tubo di accordo posteriore, posto a pochi centimetri dal suolo, utile per non avere cedimenti d'energia nel medio-basso. Il tweeter è un cupola morbida da 2,5 centimetri (SEAS) con un rassicurante gruppo magnetico, mentre il medio-basso è quello caro a Rega, con membrana da 17 centimetri in carta, sospensione in gomma, e ogiva rifasatrice in luogo dell'ormai abiurata cupoletta antipolvere. Il mobile è in medite, finemente rivestito in ciliegio chiaro, con basetta incorporata (sempre in medite) sulla quale è possibile inserire le punte a corredo, facilmente regolabili. La morsettiera è di buona qualità, prevista per il biamping, ed in grado di accogliere filo spellato, banana, e forcelle, purché di passo maggiorato. Personalmente vi consiglio di gettare i ponticelli a corredo di scarsa efficacia, usando in alternativa de buon cavo di potenza opportunamente preparato.

Gli ascolti

Planar 3, RB-300 + Elys, Planet, Mira e Jura.
Il family-sound Rega, basato essenzialmente su un equilibrio tonale piuttosto chiaro e talvolta brillante, comunque agile e svelto, con trasparenza e precisione nel medio/alto e con una linea del basso snella e controllata, appare in questo caso più evoluto, maturo. Si coglie una rimarchevole capacità analitica e prospettica con entrambe le sorgenti, seppur con la prima sia vestita di maggior atmosfera e densità armonica rispetto ad una più relativamente sobria trascrizione in digitale. Ottima dinamica in generale, con alti in evidenza, ben scontornati e sottolineati, appena più freddi rispetto al medio, plastico e levigato in ogni occasione, e autentica punta di diamante di questo sistema. Basso mediamente equilibrato e sintonizzato con il resto dell'emissione ma, vista la tipologia del diffusore, relativamente sensibile al posiziona
 
Come sopra, ma con il Mira in Bi-Amping
L'assetto dell'emissione un po' dinoccolato e giovanilista, molto espressivo ed incalzante cambia - con il biamping - decisamente orientamento. Come fosse preso al l'istante da tutte le responsabilità di questo mondo e definitivamente votato al tira fuori il meglio di sé nel giorno del (suo giudizio, il sistema mostra un notevolmente aumentato aplomb, una maggior coerenza su tutta la risposta, con un affinamento della grana tonale strepitoso. Tutto appare nettamente più registrato, definito, circostanziato. Un meccanismo sonico degno dei migliori calibri svizzeri, il quale fortunatamente non perde la virtù fondamentale della comunicativa, dell'evocatività.
 
In conclusione
Questo sistema Rega rappresenta una interpretazione emblematica e di notevole valore stilistico circa la nuova concezione di "suono inglese", considerando definitivamente archiviato lo storico "british sound" non esistendo nelle attuali produzioni apparecchi in grado di rappresentarlo. Se ciò sia un male od un bene, o più semplicemente l'inevitabile segno dei tempi, lascio a voi deciderlo. Ogni pezzo di questa catena sprizza intelligenza: riconfermando i pregi delle universalmente pluridecorate sorgenti. Mi preme segnalare la sincera bontà delle due amplificazioni (Mira e Maia), di una spanna sonicamente superiori ai diretti concorrenti loro compaesani, ed in assoluto prodotti ancora in grado di sollevare sorpresa ed interesse tra tanti "cloni" e placebi acustici di scarso spessore. I diffusori sono un piccolo/grande jolly, anche se per essi la battaglia può essere relativamente più dura vista la qualità degli eventuali antagonisti. Per questa prova ho usato cavi di segnale Rega, realizzati con conduttore Klotz professionale e connettore Neutrik (poco meno di 300.000 una coppia da un metro). In alternativa, ottimi il vdH Hybrid 102MkIII ed il Thunderline versione Hybrid, mentre per la potenza ho usato il van den Hul CS-122 e il CS-12 (per gli alti in biamping). Ponticelli by SUONO per il single-wiring. Ho impiegato durate gli ascolti preliminari anche mie; riferimenti personali (MIT, Straightwire, Nordost), ben più costosi dei cavi suggeriti nella proposta. Il sistema ha risposto con sensibili miglioramenti, segno di una innata e sana trasparenza ed equilibrio. Provate quindi ad elevare gli orizzonti delle prestazioni, già comunque vasti, contemplando questa ultima annotazione.

Gianfranco Machelli

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