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Audio Review 114 Preamplificatore Merlin LS Ref. Toni de Marchi

preamplificatore Klimo Merlin LS Reference

Cosa pensereste voi di un tizio che lavora in Orchideenweg, la strada delle orchidee? Come minimo vi verrebbe in mente Nero Wolf, con la sua ciccia, il suo Fritz e le migliaia di orchidee della sua terrazza. Non che mi dispiaccia questa immagine stoutiana, anche perché, ve lo confesso non senza una certa ritrosia, Mr. Wolf mi piace e non tanto per i suoi meriti letterari quanto per certe sue caratteristiche psicologiche, diciamo così. Lo so che alcuni di voi staranno gia sogghignando, quelli che mi conoscono almeno. C'è sempre un certo numero di malfidati che insinua e specula su casuali e assolutamente lontanissime coincidenze strutturali, per così dire. Ma non ti curar di loro, suggeriva il poeta e così farò io.

Dunque, dicevamo, le orchidee. Se Nero Wolf vi pare improprio, concedetemi almeno di immaginare un uomo di Orchideenweg almeno un po' sognatore, certo ammaliato dal bello e dall'etereo. Un riflessivo senza illusioni, ma con molte curiosità.
Non so se l'ingegner Klimo si potrà riconoscere in questo schizzo, ma la cosa è, tutto sommato, senza importanza. Perché Klimo è l'artefice di una tal quantità di belle e buone macchine da musica che immaginarle costruite in via delle orchidee sia pure in una cittadina così infinitamente anonima come Reutlingen non fa che aggiungere un altro po’ di fascino alla loro scura e lucida bellezza.
Perché, riconosciamolo, quello che ci colpisce prima di tutto nelle macchine da musica dell'ingegner Klimo è quel loro sottile ammiccare dietro chassis laccati, controlli cromati, vetri messi a proteggere ma anche a svelare. Uno deve essere molto sicuro di sé, molto sicuro di quello che fa per scegliere come filosofia estetica (ma anche progettuale, perché ad un certo punto tra i due livelli non c'è più soluzione di continuità, diventa un unicum non scindibile) la visibiltà. Vorrei quasi dire l'esibizione. Eh sì, perché la famiglia Klimo conta tra i suoi componenti un bel mucchietto di incontenibili esibizionisti, per niente intimoriti dai giudizi ne dagli sguardi troppo vogliosi o anche soltanto curiosi. Prendete questo Merlin LS REF, che mi hanno dato in prova e che mi rigiro tra le mani da settimane per la sua ammaliante eleganza.
Lo schassis è di un bel nero laccato lucido (dicono sia lacca tipo Steinway; io non so francamente cosa voglia dire; e dunque vi giro l'informazione così come me l'hanno data; può darsi serva a qualcuno più informato di me perché l'unico Steinway che mi viene in mente è il pianoforte: aspetta, forse vogliono associare…beh, fate voi), le tre manopole le altrettante levette sono lisce al tatto, leggere alla vista, morbide e silenziose nell'uso, in più sono accompagnate da uno splendido occhio magico verde che sta solitario ed immanente sulla destra del frontalino. Un occhio magico. I più giovani neppure sanno cos'è questa luce che si allargava ad annunciare serate di commedie radiofoniche, di giornali radio ascoltati mentre la minestra si raffreddava nel piatto e le lampadine si tenevano mezze spente per non consumare. Ed inveci lì dentro sta chiuso tutto un mondo, nè peggiore ne tantomeno migliore dell'attuale, ma certo ancora capace di stupirsi e di accontentarsi. Anche il nome. "occhio magico" stava a segnalare la meraviglia di una scoperta continua, del ripetersi quotidiano del rito della tecnologia, una parola ancora troppo inusuale perché qualcuno la pronunciasse. Solo ad un poeta della tecnologia poteva venire in mente di mettere un occhio magico che si accende poco a poco fino ad annunciarvi che i circuiti sono pronti invece di questi led così piccoli, così economici, così pratici ma anche così ovvi ed anonimi da non
emozionare nessuno. D'altronde, se uno sta in Orchideenweg dovrà ben darsi una giustificazione pratica. Dicevo del nero, del cromato, dell'occhio magico, e poi di quel vetro squadrato i ben liscio, perfettamente trasparente che serve da coperchio, ma anche da vetrina per il Merlin. Solo chi è sicuro di sé, del proprio lavoro, delle proprie creature pianifica la loro esibizione senza artifizi. E così il contenuto, di solito celato da scatole ermeticamente fissate con viti e ribattini, diventa fatto pubblico, disponibilità di mettersi in discussione e di lasciarsi giudicare.
Il risultato - oltre che ovviamente ispirare una grande fiducia a chi lo possiede o anche solo lo guarda - è straordinario perché sembra quasi che la tecnologia, così svelata, ti possa appartenere. Un pò l'effetto che mi fanno quei ristoranti dove la cucina è a vista. Sono pochi, ma in quelle cucine ci possono stare soltanto degli artisti, dei grandi manipolatori del gusto e del sapore, e uno ci sta di fronte e sa di essere tranquillo.
Così è inutile che stia qui a spiegarvi com'e fatto dentro. Prendetevi un'oretta di tempo, andate dal vostro negoziante preferito, pretendete che vi prenda un Klimo e guardatelo. Guardatelo solo (se siete fortunati, e anche un po' testardi forse riuscirete persino a convincere il negoziante che di solito vuole vendervi cinquantotto milioni di roba ancora imballata, pagamento in Contanti anticipato e consegna dopo sessanta giorni tanto per non rischiare, a farvelo ascoltare, ma non ci giurerei) e poi ditemi l'effetto che fa.
Il Klimo Merlin LS Ref., tanto per tornare con i piedi per terra, è un preamplificatore solo linea a valvole di cui esistono due versioni la 610 e la Ref, entrambe cablate Van Den Hul il secondo però con i costosissimi e bellissimi cavi Silver e componentistica particolarmente selezionata, il che più che giustifica la differinza di prezzo tra i due apparecchi. Della stessa famiglia esistono anche due modelli comprendenti lo stadio phono si chiamano senza troppa fantasia vorrei dire, Merlin, Merlin Silver e Merlin Ref. A crescere in prestazioni e prezzo. Il bello di questa famiglia è che potete cominciare dal più economico, l'LS 610, e upgradarlo (che orrore, ma fa molto uomo di successo scriverlo) al più costoso. Tra i due ci sono un quattro milioni buoni di differenza, per cui si tratta di una scalata non da poco.
La scelta di inserire nella gamma Klimo un pre solo linea è la conseguenza diretta ed inevitabile del declino del vinile. Ormai nessuno (o quasi, se si fa eccezione forse per i Laboratoire JCVerdier e pochissimi altri assolutisti) ha in catalogo solo pre completi di phono e linea. Il mercato, anche a questi livelli di sofisticazione e di raffinatezza, ha già chiaramente fatto la sua scelta a favore del dischetto d'argento. Il Merlin LS Ref è pilotato da due valvole E88CC specialmente selezionate ed è alla loro qualita che dobbiamo le buone prestazioni di questa macchina da musica. I controlli sono quelli classici: un selettore di entrata, a scatti; un controllo del balance, con una leggerissima resistenza, appena percettibile, al centro, ma sufficiente per non impazzire quando si deve tornare alla regolazione standard; il regolatore del volume, docile e sicuro nel movimento. Una levetta consente di mettere il circuito in mute, ed un'altra controlla la funzione monitor/source. Si accende con una terza levetta, posta a fianco dell'occhio magico.
Il Klimo Merlin LS Ref. è stato inserito nella mia solita combinazione comprendente: ampli VTL 225, gira CD Micromega Trio con convertitore Micromega Trio BS e, in alternativa, Threshold Dac 1 e, diffusori Martin Logan CLS II, cavi di potenza Kimber, di connessione Van Den Hul e Monster. Il tutto circondato dagli Onnipresenti Tube Traps, inflessibili guardiani dei riverberi e dell'effetto melma. Ve ne parlerò presto. Non vi trattengo con minirecensioni dei suddetti componenti, perché le potrete ritrovare tranquillamente nell'altro mio pezzo in questo stesso audioclub. L'impressione generale di ascolto è di una macchina capace di grandissime prestazioni, di eccellente musicalità e di ottima capacità di ricostruzione spaziale, forse il terreno di più difficile confronto per un preamplificatore. Il Klimo ha i numeri e la stoffa di un eccellente concorrente nell'affollatissimo mondo delle elettroniche di buona qualità e di prezzo onesto in rapporto alle prestazioni.
Nella riproduzione del piano, ad esempio, la qualità della macchina abbinata alla naturale ariosità delle valvole dà come risultato uno straordinario piacere nell'ascolto. Aldo Ciccolini che esegue Satie, in particolare le godibilissime "Gymnopédies" (nel primo volume dell'edizione antologica EMI CDC 7 497022), diventa l'amico Aldo che sta suonando per te in salotto.
Le note di quello che nelle mani del pianista diventa uno straordinario ed irripetibile strumento arrivano pulite e scolpite, cesellate nell'aria grazie ad un lavoro intelligente e prezioso che nasce nel cuore stesso del pre. Il preamplificatore - badate bene - è una bestia difficile, forse la più difficile della catena musicale casalinga. Basta una minuscola incompatibilità, un collegamento non corretto, un guadagno troppo alto o troppo basso rispetto alla sorgente perché tutte le vostre intenzioni vadano a farsi friggere (in opzione potete usare "fottere", dipende dal livello di disappunto che volete esprimere) e il suono diventi troppo scuro o troppo brillante.
Bellissima anche la resa con il facile e godibile (Ambient 1 - Music for Airports) di Brian Eno (EG Editions EEGCD 17), un classico della musica di sottofondo che merita però molto di più che un ascolto distratto tra una chiacchiera e l'altra. Se non l'avete ancora fatto - intendo, se non vi siete ancora accinti ad un ascolto attento - fatelo. Il Merlin LS Ref. mi ha provato che al di là della godibilità di questa (Music for Airports) c'è una trama di sottofondo che merita di essere afferrata e digerita. Sapete, si tratta di una musica sottile, che galleggia: darle corpo, il giusto corpo, è lavoro che richiede almeno un grande artigiano, forse anche un artista.
Poi "Nude" dei Camel, un disco che ho cercato per anni qui in Italia senza successo e nel quale mi sono imbattuto quasi per caso durante un'incursione di poche ore a Londra nello splendido negozio della HMV o nel meno interessante Virgin Store di Oxford Street. I Camel sono ormai quasi degli sconosciuti, eppure il poema "Nude", storia di un soldato giapponese troppo orgoglioso per ammettere di aver combattuto trent'anni un nemico che non esisteva più, è un capolavoro del rock impegnato e intelligente dei primi anni '80. Ascoltatevi qualche brano di questo "Nude", come "Landscapes" o "Lies". Il Merlin riassume senza fatica, anzi con grande disinvoltura i passaggi più articolati, le escursioni tonali più ardite, i passaggi più ardui. Soprattutto con questo disco si può apprezzare l'eccellente capacità di ricostruzione spaziale che caratterizza il suono di questa macchina.
Qualche debolezza, forse, il Klimo Merlin la mostra nella restituzione delle grandi masse orchestrali, nei momenti più affollati e dove la gamma tonale resta racchiusa entro un ambito piuttosto denso e ristretto. Ho avvertito forse una leggera tendenza alla perdita di precisione, come se ci fosse un po' di fatica. Sia chiaro, si tratta solo di passaggi, per di più molto brevi che non inficiano la resa complessiva, che resta quella di una macchina senz'altro di grande valore musicale. La bellissima e non sempre facile Terza Sinfonia di Beethoven, l'"Eroica" tanto per capirci, nella esecuzione di Claudio Abbado con i Wiener Philharmoniker (Deutsche Grammophon 419 597-2), riascoltata con il Merlin mi ha dato sensazioni vere, non simulacri di emozioni. E il "War Requiem" di Benjamin Britten nell'edizione diretta dallo stesso autore nel 1963 con la London Symphony Orchestra (Decca 414 383-2), un monumento contemporaneo dove convivono pietà, orrore e fierezza, ha trovato nella riproduzione con il Merlin accenti di una speciale commozione che altre combinazioni di macchine da musica non mi pareva mi avesser dato.
Insomma un giudizio ampiamente positivo per una macchina che ha carattere molto più di tante altre dai nomi altisonanti. Ma come sempre il carattere, anche il buon carattere, pretende di essere capito, un po' coccolato e soprattutto chiede di non essere messo a lavorare con altre macchine meno che buone.

Toni De Marchi

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