Rivista | Data / Nr. | Argomento della recensione | Autore |
Fed.del Suono | 90-lugl/agosto 2001 | Merlino+Tine | Andrea della Sala |
DI PADRE IN FIGLIO, DI BENE IN MEGLIO
PRE E FINALE KLIMO “MERLINO” E “TINE”
Cronaca di un periodo felice, passato in compagnia di un impianto che, per molto tempo, agiterà le notti insonni di chi lo ha avuto in casa….ovvero della tragica necessità del bravo redattore di dover restituire gli apparecchi una volta provati.
Come annunciato nella prova dei diffusori ProAC Studio 125 (FdS n. 89), eccomi
a parlarvi degli altri protagonisti di un impianto che da mesi mi tiene “confortevole"
compagnia. La parte del leone questa volta spetta all'accoppiata di elettroniche
deputate a ricevere i tenui segnali provenienti dal lettore di cd, amplificarli
e renderli capaci di muovere le membrane dei diffusori. Detto così sembra
sia semplice, che alla fine, chi più chi meno, le membrane le muovono
tutti... Ma progettare e produrre un preamplificatore ed un compatto finale
stereo dual mono a valvole con prestazioni del livello dei nostri, facendoli
tra l'altro costare una cifra che, nel panorama mondiale dei prodotti di fascia
media, possiamo addirittura considerare concorrenziale, credo sia cosa da non
più di quattro o cinque costruttori nel globo terrestre. Poi, chiaramente,
ad un certo punto subentrano i gusti personali di ognuno, quella certa sensazione
di "giustezza" che fluttua da individuo a individuo, quel piacere
d’ascolto che non è mai uguale per tutti. Klimo, il Dr.Dusan Klimo
è indubbiamente un personaggio affascinante. Pochi lo hanno visto di
persona, mai un'intervista, mai uno scritto, mai niente. Non so nemmeno se esiste
veramente, ma di questo me ne assicurano personaggi che, fortunati loro, lo
hanno addirittura toccato, e dal momento che i suoi prodotti qualcuno li deve
pure avere pensati, continuo bene o male a vivere nell'attesa di poterlo vedere.
Il fascino è indubbio. Questo finissimo conoscitore di musica, ingegnere
elettronico, per giunta cecoslovacco, da quando si è al mondo variegato,
traditore ed effimero dell'alta fedeltà ha lasciato dei segni molto,
molto profondi. All’lnizio se ne parlava come si fa di quei personaggi
assolutamente per pochi raffinati intenditori ed iniziati. Se eri uno “figo",
se veramente qualcosa di alta fedeltà capivi, dovevi non dico averne
ascoltato bene da qualche parte il suono, ma almeno essere a conoscenza dell'importanza
del mitico preamplificatore Merlin nel nostro settore. Non scherzo quando dico
che intorno ai primi anni novanta era veramente la big thing del periodo. Effettivamente,
questo signore convinse più di una persona, diciamo molte, a disfarsi
di apparecchi che fino ad allora venivano considerati la materializzazione della
conoscenza tecnologica più elevata, del suono... più suono che
ci fosse. La cosa che stupì fu l’assoluta mancanza di rivoluzioni
tecniche, di invenzioni iperboliche, di primati scientifici. L'unica cosa che
dannatamente distingueva un Klimo da un altro apparecchio era il suono. Mi dilungherò
un altro pochino. Quando un apparecchio, specialmente un preamplificatore, si
presenta con il coperchio di vetro a mostrare a tutti i suoi circuiti, le sue
resistenze, i suoi condensatori, buoni, buonissimi ma non certo rivoluzionari,
significa che non è solo o tanto quello che c'è dentro a fare
la differenza. La differenza la fa il progetto, ottimizzato e raffinato ma non
di provenienza aliena, i componenti certamente ma, più che il condensatore
in oro della regina madre o il trasformatore del Boeing 747, la loro congrua
disposizione ed il loro perfetto dimensionamento. Precisione, semplicità
assoluta, idee molto chiare riguardo a cosa amplifica e a cosa alimenta. Ma
ancora, arbitro assoluto della bontà di ciò che si sta facendo,
il suono. Essere bravi al punto di conferire la capacità di suonare in
maniera unica, riconoscibile, piacevole, corretta, personale, introspettiva;
un'apparecchiatura elettrica può a volte avere del miracoloso. Non più
del riuscire a produrre un dodici cilindri che soffia e spinge come un dannato
uno splendido coupè, non meno dell'incantare i sensi con un vino perfettamente
lavorato. Ma esattamente come uno che omaggia la più alta delle arti
umane, rendendola riproducibile e godibile da chi non può volare per
mezzo mondo a rincorrere opere o concerti, ma gode nella sua casa delle stesse
vibrazioni interiori, si affaccia dalle stesse vette intellettuali e culturali
di chi invece partecipa all'evento originale, all'hic et nunc della prestazione,
all'aura, effettivamente non riproducibile, dell'esecuzione dal vivo. Ma qui
non stiamo parlando del Mer1in, dirà qualcuno (chissà perchè
c'è sempre qualcuno che ad un certo punto protesta, sempre), infatti
parliamo del Merlino e del Tine, prodotti di minore impegno economico giunti
negli anni ad ampliare l'offerta anche verso fasce di listino meno impegnative
dei fratelli più grandi. Il motivo del preambolo iniziale risiede proprio
nel fatto che gli apparecchi oggetto della prova non sono poi così distanti
dai loro archetipi. Nossignore. L'operazione che è stata svolta non è
consistita nell'inventarsi un altro prodotto che più o meno suonasse
bene e soprattutto costasse meno, ma nel pensare e costruire una pregiata approssimazione
di quanto disponibile nelle zone alte, dove pochi fortunati godono del suono
degli dei. L'approccio è stato quello di semplificare il più possibile,
ma solo dove ciò fosse effettivamente possibile. Lamiera verniciata al
posto del legno laccato per gli chassis, niente cromature (solo sulle manopole)
potenziometri rotativi (tra l'altro presenti anche nel novanta per cento degli
apparecchi cosiddetti "eso") invece di quelli a resistenze. Unica
concessione (tra l'altro comoda...) il telecomando del pre che fa rotare la
manopola del volume di qua e di là. Lo schema dei due apparecchi, signori,
è quello del Merlin e dei Kent. Il suono, ragionevolmente e proporzionalmente
agli interventi effettuati, pure. Cioè non accade, come spesso mi trovo
a dover rilevare, che i podotti di minore impegno economico di un costruttore
li potrebbe avere pensati chiunque, tanto più o meno suonano anche più
che decentemente, si fregiano del marchio, costano un quinto dei progenitori
e tanto basta. Qui siamo ancora di fronte al suono Klimo. Chi non ama questo
tipo di sonorità passi oltre, che la rivista è lunga e ben fatta;
chi non conosce magari si incuriosisca per poi scambiarsi delle opinioni (una
parte per me piacevole del redigere articoli per la rivista, oltre all' avere,
in casa - per un po' di tempo - anche apparecchi che mai ti potresti sognare
di acquistare, è proprio lo scambio con i lettori che, in cerca di ulteriori
precisazioni, ti chiamano); chi ha già subito il contagio del virus Klimo,
mi spiace, è spacciato. Parlando del suono di un determinato costruttore
si potrebbe indurre a fare pensare che esso è un suono particolare, diverso,
piegato ai voleri di qualcuno, in poche parole poco fedele. Beh, questo è
un concetto sul quale vorrei insistere e magari annoiare anche un po'. Essere
fedeli ad un evento originale, secondo chi scrive, è più compito
del tecnico di ripresa del suono e di chi lo elabora fino al supporto, che dell'impianto
(parlando di impianti ad alta fedeltà, ben assortiti, ben installati).
Infatti, si sa, nulla di quello che non c'è o c'è poco e male
può essere in alcun modo recuperato o creato da un qualsiasi impianto
a valle. Quando il supporto è registrato come si comanda, molti impianti
sembrano suonare d'improvviso meglio, non è vero? C'è anche gente
che ha stipato la casa dei dischi GRP negli anni ottanta perchè quello
era l'unico modo di avere un po' di dinamica, ma, si sa, poi siamo cresciuti
tutti. L'interpretazione dell'evento musicale, la luce particolare fornita agli
strumenti, il chiaro scuro dei solisti e dei gregari, la finezza di grana, il
sottolineare più l'aspetto dinamico che magari l'equilibrio tonale, sono
propri di pochi grandi costruttori che, come direttori di orchestra, rispettando
lo spartito alla lettera, orientano il loro suono rendendolo riconoscibile e
in alcuni casi, magico. Qui parliamo di impianti che, infatti, “suonano",
e non di riproduttori più o meno fedeli, anche fedelissimi, ma privi
di personalità, di charme e di capacità introspettiva. Klimo più
di altri, a parere di chi scrive, intellettualizza il suono rendendolo meno
"fisico", meno groovy, perfino meno dinamico di altri costruttori.
Egli persegue l'inganno dei sensi, anche a scapito di alcune particolari determinate
caratteristiche che per taluni possono essere fondamentali; l'emozione di chi
ascolta deve essere totale, senza remore, immersi e belli coinvolti. I due protagonisti
di questa prova, appunto, non tradiscono questa impostazione alla base della
filosofia dell'ingegner Klimo: velluto denso, luce calda, aria, tanta aria,
vita e colori. Vediamoli e ascoltiamoli da vicino ora.
Descrizione. L'estetica e il tono generale della realizzazione sono chiaramente
ispirati ai modelli di punta. Solo ispirati però, perchè qui di
legno e cromature, di vetri fumè e di laccature ce ne sono pochine. Non
so quanto una finitura più raffinata costi in rapporto a quella, dignitosa
ma "normale", che abbiamo dinnanzi, ma se privarsene serve ad abbattere
anche di poco (e non credo) i costi, benissimo. In poche parole, ci troviamo
di fronte a due apparecchi ben fatti, con il telaio in lamiera di acciaio verniciata
in nero, frontali rivestiti in plastica, pannelli posteriori semplici, intuitivi
e all'apparenza molto solidi. Il preamplificatore Merlino ricalca pedissequamente
l'estetica del "fratellone Merlin. Stesse tre manopole cromate sulla sinistra
del frontale. Ma, laddove nel Merlin Ls+ le tre manopole governano selezione
degli ingressi, volume destro e sinistro separatamente, qui sono deputate alle
tradizionali operazioni di selezione, barra di registrazione, volume unico.
L'occhio magico verde originale viene "citato" esteticamente con una
kappa retroilluminata al suo posto. Il Tine, sia per forma che per dimensioni,
ricorda più i telai di alimentazione esterna dei Merlin e dei Beltaine
che altri prodotti. È uno "scatolo" molto sobrio e contenuto.
Anch'esso ospita sul frontale la kappa cerchiata luminosa dello stemma di Klimo;
francamente, non un grande logo, eh?. Sul retro niente di nuovo sotto il sole,
ci possiamo contentare. Come vi dicevo, il pre è pure telecomandato.
La convivenza di un paio di mesi con lui ha reso inaccettabile il futuro inserimento
nel mio impianto di un apparecchio che non lo sia.
Analisi sonora. Il preamplificatore Merlino ed il finale Tine sono stati inseriti
nel seguente impianto: lettore di cd Myryad, diffusori ProAc Studio 125, cavi
di segnale e di potenza Mit. Come riferimento ho usato tutto ciò che
è passato per la mia casa e di cui leggerete nei prossimi mesi, ma fondamentalmente
il ricordo della catena Klimo (Merlin LS +, Beltaine_..) posseduta fino ad un
anno fa, accoppiata con le Response 3.5 sempre di ProAc, ha aleggiato per tutto
il tempo come una presenza paranormale. Paranormale d'altronde è anche
il vostro redattore che, non contento, ha utilizzato i due apparecchi anche
come compagni per le sue vecchie Monitor Audio Monitor One (con risultati, francamente,
da discutere a fondo con chi teorizzava che i diffusori dovessero costare come
la sezione di amplificazione...) e, anche se solo per un giorno, con le Diapason
Adamantes ultima serie del vicino di casa. Per separare e meglio capire quanta
parte della prestazione fosse imputabile all'uno o all'altro apparecchio ho
riesumato il mio vecchio Audio Research Ls 7, in prestito da una vita (sì,
li presto pure), che con l'occasione è anche tornato a casa. 'I'ra i
riferimenti, anche se lo sto conoscendo poco a poco ogni giorno di più,
un nuovissimo finale a valvole americano di grande nome e massima tradizione,
oggetto di una prossima prova esclusiva (avete indovinato il suo marchio, vero?).
Il loro suono, analizzando più a fondo quanto anticipato in apertura,
è rispettoso del nome che portano. Il registro dell'estremo acuto è
luminoso e gentile, preciso, pieno di musica. La compostezza di questa parte
dello spettro delle frequenze è veramente degna di nota. Pochi altri
prodotti, di qualità generale superiore e costi, credetemi, molto superiori,
possono competere con questa luminosa, trascendente, densa, fragrante prestazione
fornita dall'estremo alto, da queste vette. L'alto e il medio alto del Merlino
sono i principali responsabili delle prestazioni dell'impianto. La calda, ma
veramente rigorosa, prestazione in questa particolare porzione dello spettro
audio è quella che ci fa sentire voci prive di fastidiose sibilanti e
di ingombranti microfoni. Archi scivolosi e densi, violini liquidi o pastosi
a seconda degli umori degli esecutori e delle partiture; viole intense, piene,
profumate delle varie essenze lignee, degli anni di stagionatura, rugose e vellutate.
E tutto questo dislocato con meticolosità all'interno del muro di fondo,
anzi, parecchio più in là. Rispetto all'AR, più asettico
e distante anche se forse più a fuoco in alcuni casi, la tavolozza dei
colori tonali è più ampia ed intensa. Sono colori ad olio, chiaroscurati
in maniera che i chiari siano proprio chiari e gli scuri a tratti addirittura
bui. Diciamo il primo Velazquez, nel periodo dei ritratti dei nobili di Spagna
per intenderci. Il medio sostiene con impeto le flautate note provenienti dai
registri più alti. Qui, probabilmente, la classe dei diffusori impiegati
non consente di godere appieno della liquida plasticità di apparecchi
che questi due termini sanno perfettamente coniugare. In questo momento rimpiango
di non avere a disposizione sistemi di altoparlanti della trasparenza e della
precisione di un paio di Monitor Audio Studio 20 o, crescendo ancora, delle
ProAc Response 3.5 (anche se, sicuramente, per congruità economica e
per la maggiore asciuttezza le Studio 20 potrebbero essere addirittura migliori
in questo contesto. Ah, il primo amore...). Infatti, le Studio 125, pur ottime
su tutta la linea, tendono a fornire un sostegno in basso che a tratti può
ispessire anche il medio. Le pelli tese, le percussioni lignee, alcuni piatti,
ed il basso elettrico, anche se ben intelligibili, torniti e accordati, avrebbero
bisogno di venire leggermente asciugati, per essere veramente smaglianti. Davvero,
la prestazione del preamplificatore Klimo Merlino è vicina a quella del
primo Merlin. Vado a memoria, è vero, ma l'eufonia di quella creatura
(il Merlin Export, quello con il fono e l'alimentazione integrata) non si dimenticano.
Il medio basso ed il basso, specialmente se considerate le due macchine, Merlino
e Tine insieme, sono stratosferici. Molto profondi, decifrabili e tattili, a
volte hanno, appunto, addirittura leggermente messo in crisi le pur eccellenti
membrane delle Studio 125. Ho però continuato ad utilizzare i due pargoli
proprio con queste perchè il respiro generale, specialmente con pezzi
sinfonici, era più vasto e "sciolto". Che dire del finale?
Siamo davanti all'ectoplasma del Kent (no, non ad un fantasma della regione
omonima delle terra d' lbione, ma alla parafrasi in fieri dell'ottimo e storico
finale monofonico presentato una decina di anni fa o forse più) almeno
nella misura in cui riusciamo ad accettare una lieve mancanza di granitica precisione
sul basso e, forse, una diminuita ariosità. Per il resto, questo finale
è in grado di non fare rimpiangere apparecchi, Kent compreso (e non sarà
un caso che recentemente il Kent sia stato rivisitato, migliorato e ulteriormente
raffinato, chiamandolo Gold) che costano almeno il doppio. Penso addirittura
che, con il dollaro alle quotazioni attuali, la lotta con i finali americani
sia vinta ai blocchi, a meno che uno, sragionando in preda ad una vampa di arteriosclerosi,
cerchi solo un degno avversario e non badi a spese. In definitiva questo Tine
costituisce l'invariante dinamica, "setosa", tridimensionale, calda
e caratteristica dell'estremo basso del suono dell'accoppiata. Cambiando pre
(appunto con il ben più asciutto e formale AR LS7) alcune prerogative
non cambiano: il caldo abbraccio, la precisa ricostruzione virtuale, il medio-basso
ed il grave in gran spolvero sono sempre lì. In più il Merlino
aggiunge tanta aria e levigatezza, tanta vellutata determinazione... ulteriore
piacere d'ascolto. Il Tine è l'ottimo, generoso, a volte rutilante motore
con una gran coppia in basso, il Merlino rende tutta questa, comunque elegante,
energia maggiormente introspettiva, chiaroscurata, levigata e indelebilmente
la marchia a fuoco con la (verde) kappa di Klimo.
Conclusioni. È una di quelle volte in cui si scrive la recensione di
getto, avendo ben chiare tutte le caratteristiche soniche degli apparecchi esaminati.
Il preamplificatore Merlino ed il finale Klimo Tine rappresentano, nell'attuale,
affollatissimo panorama mondiale di prodotti audio di qualità, l'anello
di congiunzione fra le più alte vette dell'esoterismo (quello concreto),
del quale fanno parte le macchine di punta del medesimo costruttore, e prodotti
che, necessariamente e giustamente, richiedono un minore impegno economico.
Odio fare paragoni motoristici perchè non è detto che diano per
forza, in due parole, un'idea chiara ma, se proprio si volesse farli, direi
che in questi prodotti c'è il dna che ritroviamo in tutta la produzione
di una casa distribuita in tutti i modelli in maniera verticale ed orizzontale,
diciamo una BMW Serie 3 che, neanche passando per la Serie 5, è inequivocabilmente
figlia della Serie 7: sobrietà e raffinata eleganza, forza, tecnologia
amica...Non saprei cosa consigliare oltre ad andarveli ad ascoltare e a dare
un'occhiata alle foto che accompagnano questo delirante articolo. Se avete a
disposizione una cifra che si aggira intorno ai 5.000 euro e non dovete pilotare
diffusori difficili, se al suono iperdefinito di altre realizzazioni preferite
un suono romantico, dolce ed introspettivo, a parità di correttezza e
"fedeltà" generale, semplicemente i prodotti verso cui rivolgersi
diventano pochi, pochissimi. Il Merlino ed il Tine appaiono prepotentemente
svettanti fra gli altri. Ribadisco, recensire prodotti ad alta fedeltà
fa bene, fa benissimo. Viva la Musica!
Andrea della Sala
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