Rivista | Data / Nr. | Argomento della recensione | Autore |
Audio Review | 228 – ottobre 2002 | Klimo Tafelrunde-Lancellotto-Ertanax | Claudio Checchi |
KLIMO TAFELRUNDE – LANCELLOTTO-ERTANAX
Strana bestia, l'analogico. A più di vent'anni dalla sua messa in pensione, per quanto forzata, rifiuta ancora di cedere le armi. E anzi, in quest’ultimo periodo sembra conoscere una nuova giovinezza. Il fatto che ciò avvenga in concomitanza al diffondersi un po' stentato dei nuovi formati digitali come DVD-Audio e Super Audio CD, destinati a sostituire lo standard che a sua volta avrebbe dovuto segnarne la fine, sembra tutt'altro che da imputare al fato, anche se si tratta di un accadimento piuttosto anomalo. In sostanza. è come se in occasione della definitiva affermazione del CD, il quale avrebbe dovuto sostituire il microsolco ricavato dal supporto analogico, il formato immediatamente precedente a quest’ultimo, ovverosia il 78 giri, fosse tornato improvvisamente sulla cresta dell'onda. Qualcosa di inimmaginabile, insomma, e che fa riflettere. In particolare sulla velocità del progresso tecnologico nel campo di nostro interesse, che per quanto sostenuto prima dall'avvento delle tecnologie digitali e poi dal loro sviluppo, negli ultimi decenni sembra aver subito un deciso rallentamento. Almeno per quanto riguarda il perseguimento di livelli prestazionali assoluti. Infatti oggi abbiamo uno standard di due generazioni fa, com’è per l’appunto L.P., che riesce ancora a dire la sua. Ma certo lo stesso non sarebbe potuto accadere per il 78 giri nei primi anni di esistenza del CD, dato che a metà degli anni Ottanta era ormai da parecchio in una fase di completa obsolescenza .Ma come, si chiederà qualcuno, tutti i progressi, i nuovi ritrovati, e la pioggia di sigle riguardanti dispositivi tecnici innovativi che avrebbero dovuto spazzar via tutto quanto realizzato nel passato… E che oltretutto abbiamo dovuto mandare a memoria, per non sentirci lasciati indietro da un'avanzata tecnologica che mai come negli ultimi anni è sembrata raggiungere nuovi traguardi a cadenza fin quasi giornaliera. Il fatto è che il progresso in se e per se ha un significato relativo: ben più importanti sono gli indirizzi verso i quali lo si dirige, e l’efficacia delle innovazioni che derivano dal suo avanzare. Nell'ambito della riproduzione sonora, forse, si è orientato verso l'incremento delle prestazioni assolute in misura minore rispetto a un ampliamento della loro base potenziale di fruizione, sia pure su livelli ben più modesti. O addirittura verso traguardi, come il surround, il multicanali e l’audio/ video, rivolti a tutt’altri scopi. Comunque sia, l’analogico sta vivendo una fase caratterizzata da un notevole ritorno di interesse nei suoi confronti. Prova ne sia da un lato l'aumentare dell'offerta di giradischi di nuova realizzazione, e dall'altro il fatto che le ultime rilevazioni effettuate dalla RIAA, Recording Industry Association of America, danno il vinile quale unico supporto fonografico che ha migliorato le vendite rispetto al passato, con un +8% senz'altro significativo, che peraltro non tiene conto del notevole volume di scambi inerente il materiale usato, anch'esso in netta crescita. Naturalmente, a livello di macchine destinate alla riproduzione, tale fenomeno interessa soprattutto l'alto di gamma, nel quale le potenzialità musicali del supporto vinilico possono trovare il concretizzarsi migliore. Ed è così che anche marchi come Klimo, in precedenza tenutisi fuori dal panorama delle sorgenti, vi hanno fatto finalmente il loro ingresso. Del resto la vocazione all'analogico del costruttore tedesco è cosa arcinota, e tale da averlo spinto alla realizzazione di macchine destinate al miglioramento delle caratteristiche sonore delle sorgenti digitali proprio per tale via, come per quanto riguarda i filtri di uscita valvolari Beag e Bod. Quest'ultimo è stato preso in esame e posto a confronto con il preamplificatore phono Lar, nell'ambito di una catena di grande spessore qualitativo come quella formata dal preamplificatore Merlino Gold e dai finali Kent Gold, e in seguito posizionatasi su livelli di musicalità ancor più ragguardevoli con l’impiego del Merlino Gold plus, circuitalmente simile alla versione già menzionata, ma dotato di un alimentatore separato, il Thor. Un’amplificazione di rilievo indiscutibile, che può essere completata con uno tra i sistemi di altoparlanti realizzati da Klimo, e da ora con il nuovo giradischi, dando vita così ad un sistema di gran classe, e soprattutto dalle doti sonore di prim’ordine, per quanto di articolazione desueta, come per l’appunto quella monomarca. Che però, in potenza, potrebbe rappresentare una scelta degna non solo di impianti coordinati, ma anche per catene di ben altro rilievo, idonea ad evitare buona parte dei grattacapi derivanti dall’allestimento di sistemi imperniati su componenti di origine più diversificata. Scelte di campo a parte, la decisione presa da Klimo di realizzare una sorgente analogica, per completare la sua gamma di macchine destinate alla riproduzione sonora, rappresenta un segnale autorevole non solo in funzione delle odierne tendenze del mercato di vertice, ma anche per quel che riguarda le potenzialità del sistema di riproduzione in assoluto, evidentemente ritenute superiori rispetto al digitale. E se una simile presa di posizione avviene da parte di un costruttore avvezzo come pochi altri alla frequentazione dei segmenti più mirati all'eccelso, un motivo ci sarà pure. Prima di continuare, un sentito ringraziamento al duo Cristian Gianelli-Stefano Mazzoli per la loro cortesia, e naturalmente per aver messo a disposizione quello che se non ho capito male dovrebbe essere il primo esemplare del nuovo giradischi, quantomeno in quella che dovrebbe rappresentare una versione di veste ragionevolmente definitiva. Giradischi che, oltretutto, ha tutti i numeri per essere il protagonista dei prossimi "Concerti Klimo” che anche nella stagione entrante si terranno presso alcuni tra i rivenditori più qualificati della penisola: un'ottima occasione per valutare in condizioni adeguate i traguardi raggiungibili con l'impiego di sorgenti di musicalità simile. Il nuovo front-end analogico Klimo, che nel suo insieme viene definito “Musikalitat”, si compone di tre parti: il giradischi Tafelrunde, il braccio Lancellotto e il fonorivelatore Ertanax. E’ disponibile anche un tavolo realizzato appositamente per sostenere il tutto, denominato Gestell, che, date le dimensioni ragguardevoli del giradischi, è fortemente raccomandato. E’ dal 1998 che il costruttore tedesco ha allo studio una sorgente di qualità assoluta: la scelta di un sistema analogico deriva appunto dalla volontà di assurgere ai massimi traguardi qualitativi, tuttora preclusi al digitale, come viene indicato senza mezzi termini anche nella documentazione fornita. Una decisione eloquente, non solo per quanto attiene al confronto tra analogico e digitale, ma anche per il fatto che, riguardando una sorgente di livello assoluto, ha comportato un profondo ripensamento per il sistema giradischi e in particolare per i suoi componenti più critici. Nella valutazione di una qualsiasi sorgente analogica è necessario innanzitutto avere ben presente il significato di accoppiamento e disaccoppiamento. Il primo contempla, almeno in linea teorica, l'integrazione di tutti i componenti del giradischi in una struttura il più possibile rigida, scaricando al suolo per mezzo di appositi dispositivi, come ad esempio i supporti a punta, disturbi meccanici quali vibrazioni o eventuali risonanze. Al contrario, il disaccoppiamento tende a isolare ogni singola parte del giradischi dalle altre, per mezzo di elementi ammortizzanti che dissipano in calore l'energia meccanica data dalle vibrazioni. Sui vantaggi dell'uno o dell'altro sistema si sono accapigliate intere generazioni di audiofili, ma anche di costruttori, senza che si sia potuti arrivare a un punto fermo. Di certo c'è che un giradischi completamente accoppiato non potrebbe funzionare neppure, dato che, per ruotare, il piatto ha comunque bisogno di un certo grado di libertà. E lo stesso vale per l’articolazione del braccio. Tuttavia, macchine realizzate seguendo la teoria del massimo accoppiamento possibile hanno dimostrato di poter funzionare talvolta molto bene. In ogni caso, un front-end analogico non sarà mai del tutto accoppiato o disaccoppiato, ma si avvarrà sempre di un compromesso tra le due soluzioni, più meno tendente all'una o all'altra. La convinzione, direi quasi l'accanimento con cui ognuna viene sostenuta dai suoi assertori, dimostra in ogni caso l'importanza sostanziale di risonanze, vibrazioni e degli altri stimoli di ordine meccanico generati dal sistema di lettura durante il suo funzionamento, o a cui viene sottoposto, ai fini delle prestazioni da questo ottenibili. Il perché è presto detto, e riguarda essenzialmente la modalità funzionale del fonorivelatore, che per l'appunto traduce in impulsi elettrici, ovverosia in segnale audio, gli stimoli meccanici ricavati nel tracciamento del solco. Va da sé che tutti quelli captati o introdotti dalla struttura e non inerenti strettamente l'informazione musicale andranno a sommarsi a quest'ultima, ledendone le caratteristiche in maniera sostanziale. Per una somma di coincidenze, può anche darsi che in alcuni casi il frutto di tali disturbi possa dar luogo a una connotazione per certi versi piacevole, ma che in ogni caso rappresenta una modificazione arbitraria di quanto è stato immagazzinato in origine nel solco ricavato sul vinile. Ed è proprio per questo che, nella realizzazione di macchine volte al superamento dei limiti più grossolani propri degli esemplari realizzati nel pieno dell'era analogica, uno tra gli aspetti fondamentali del loro progetto riguarda proprio la riduzione al minimo possibile delle parti soggette a risonanza. In primo luogo per quanto riguarda le strutture esterne, come pannelli, telai, i cosiddetti plinth, e tutto ciò che non sia strettamente necessario al funzionamento del sistema. Le scelte effettuate da Klimo nella realizzazione del trio Tafelrunde-Lancellotto-Ertanax, mirate per l'appunto alla eliminazione di tutto il superfluo, rappresentano la migliore delle conferme per tale stato di cose. Come indica apertamente il suo costruttore, si tratta di un sistema che persegue il massimo disaccoppiamento, e questo già a partire dal tavolo di supporto, il Gestell, che dispone di piedini su sfere flottanti e di piastrine in grafite interposte tra la struttura metallica di sostegno e il piano d'appoggio, realizzato in vetro di notevole spessore. Per l'isolamento del telaio, o meglio di quel che ne rimane, e della base del motore, rigorosamente separato dal resto, sono stati scelti massicci supporti cilindrici in teflon, che vanno a inserirsi direttamente al loro interno. Il telaio del Tafelrunde è rappresentato da due tronchi di cono realizzati a partire dalla sovrapposizione di una parte in alluminio a una in bronzo. Sono collegati da un'asta, sempre in alluminio. Il primo sostiene il perno del piatto, l'altro il braccio con la sua articolazione. La base per il braccio è svincolata dall'asta di collegamento, in modo da consentire l'impiego di modelli di varia lunghezza effettiva. Il tutto ha un'altezza, e soprattutto un peso, ragguardevoli, oltre 30 chili, mentre per quanto riguarda l'aspetto si tratta di uno di quei monumenti all'analogico che non possono non avvincere l'osservatore fin dal primo istante. Fin qui abbiamo visto un'esecuzione di livello impeccabile, per quanto su soluzioni ben consolidate nell'ambito attuale dei segmenti di vertice inerenti l'analogico, ma il bello deve ancora venire. Il sistema è a telaio rigido, eliminando alla base le incertezze derivanti dall'adozione di un comune sistema di sospensione, dai vantaggi ben sperimentati, ma anche in, grado di introdurre variabili non, del tutto gradite e preventivabili nell'equilibrio del dispositivo di lettura nel suo insieme. Questo non solo in termini di complessità realizzativa, ma anche per quanto riguarda il comportamento meccanico e vibrazionale della sospensione e dei suoi componenti, potenzialmente in grado di influenzare le condizioni di lettura. Dovendo realizzare un giradischi di classe assoluta, e volendo liberarsi dai vincoli dati dalle soluzioni costruttive tradizionali, si è pensato a un sistema di sospensione del tutto nuovo. E che così, su due piedi, si potrebbe giudicare alquanto velleitario, non solo in termini puramente funzionali, ma anche per quel che riguarda le masse in gioco, tutt'altro che irrilevanti. Tenetevi ben saldi sulla sedia, perchè state per apprendere una verità per molti versi sconcertante: il Tafelrunde è un giradischi a sospensione magnetica. La forza repulsiva, data da magneti di consistenza che si immagina ragguardevole, viene utilizzata non solo quale sistema di sospensione, ma anche per il sostegno del piatto, rendendo del tutto inutile l'impiego della canonica soluzione perno su biglia reggispinta in bagno d'olio, punto critico numero uno di qualsiasi giradischi tradizionale. In pratica, il gruppo perno-piatto levita sostenuto dalla forza dei magneti, mentre il sistema di centraggio è costituito da bronzine autolubrificanti; probabilmente in teflon. In tal modo si elimina alla base la fonte di uno tra i disturbi più deleteri ai fini della lettura di supporto analogico, peraltro generato in un punto che non può non essere rigidamente connesso al piatto, e quindi trasmesso con la maggior efficacia al sistema di rilevazione, che con la sua estrema sensibilità a qualsiasi stimolo di ordine meccanico non potrà che sovrapporne gli effetti a quanto raccolto durante la lettura. Non a caso alcuni costruttori si sono dedicati alla ricerca di materiali alternativi in tale ambito, sufficientemente rigidi ma anche in grado di smorzare in qualche misura gli effetti di tale disturbo, ottenendo risultati degni di nota. Qui naturalmente siamo un pò su un altro pianeta, dato che è stato praticamente eliminato il vincolo meccanico tra telaio e piatto. Resta soltanto il legame con il motore dato dalla cinghia di trazione, difficilmente eliminabile, a meno di non riuscire a trovare un sistema esente da contatto, ottenendo probabilmente, a fronte di un sensibilissimo incremento dei costi prevedibili, miglioramenti di qualche ordine di grandezza minori rispetto a quello che si è ottenuto eliminando alla base il contatto cigolante tra biglia reggispinta e perno, probabilmente amplificato dall'alloggiamento del perno stesso e dalle strutture che vi fanno capo. Di solito si cerca di aggirare il problema con l’impiego di lubrificante. Ma le pressioni date dal peso del piatto e gli inevitabili spostamenti laterali conseguenti al grado di libertà atto a permettere la rotazione del perno, favoriti dall'applicazione di una forza di trazione che ha di per sé una forte componente di spinta laterale, finiscono con il relegare l'olio proprio là dove non serve. Questo stato di cose determina ad esempio la cromatura più o meno lucida in corrispondenza delle diverse sezioni del perno di un giradischi molto usato, a indicare l'usura nei punti di maggiore attrito, che genera rumore e che a lungo andare determina la perdita della necessaria precisione di accoppiamento con le parti che vincolano il perno nella sua posizione, biglia reggispinta, alloggiamento e boccola superiore, pur lasciandolo libero di ruotare. Va da se che una rotazione gravata da un grado di libertà troppo elevato sul suo asse verticale non potrà che indurre pesanti degradazioni per le condizioni di lettura. Dunque, il sistema utilizzato dal Tafelrunde si basa su un contropiatto dotato di un perno molto più largo del solito, destinato a penetrare nella struttura del telaio fino a incontrare l'energia repulsiva dei magneti, elementi anulari in ferrite. Perno che quindi non è sostenuto da elemento meccanico alcuno, come dimostra anche la possibilità, a piatto rimosso, di spingerlo facilmente verso il basso senza incontrare altra resistenza che non sia quella magnetica, per poi vederlo tornare in posizione. Preassemblati dal costruttore telaio e base rotante; quest’ultima va completata con una corona di maggiore ampiezza, sulla quale va a poggiare il piatto. Oltre che dalla precisione delle lavorazioni, il contatto tra le parti è assicurato da serie di o-ring posizionati sui punti di giunzione. La cinghia di trazione, molto sottile e di sezione rotonda, lavora direttamente su una corona di più ampio diametro accoppiata al perno. Il piatto è caratterizzato dal pozzetto per un inserto cilindrico, sulla cui faccia superiore è ricavata la spina di centraggio per il disco, sulla quale si inserisce anche il grosso clamp in dotazione. La sua massa è notevole, come del resto anche quella delle altre parti della struttura. Il piatto dell'esemplare giunto nelle mie mani non è conformato per incrementare l'effetto volano. E neppure dispone di soluzioni destinate a ridurre gli effetti di eventuali vibrazioni o risonanze, in effetti tagliate alla radice dall'inedito sistema di supporto, quantomeno per quelle determinate dal dispositivo di rotazione. Si potrebbe opinare dunque sulla presenza del tappetino copripiatto in feltro di lana, che si è comunque liberi di utilizzare o meno. Il motore se ne sta nella sua torretta ad altezza regolabile, realizzata in alluminio lucido e bronzo nella fascia inferiore, abbinamento che gioca un ruolo non indifferente nella connotazione estetica del sistema nel suo insieme. Alla sommità del contenitore si trova la puleggia a doppio diametro, per le velocità di 33 e 45 giri al minuto, con il cambio che va effettuato a mano, previo spostamento del pannello superiore che evita contatti accidentali. Il motore è sincrono, vincolando la velocità di rotazione alla frequenza di rete. È del tipo a 12 + 12 poli e dispone in ogni caso di un alimentatore esterno, racchiuso in una scatola metallica, provvista anche di un apposito supporto per l'appoggio a terra o su altra base. L'unità integra un doppio circuito di controllo: il primo è basato sul segnale a frequenza costante emesso da un quarzo, amplificato da un componente attivo a stato solido. È connesso al motore tramite un trasformatore di uscita e destinato al controllo della velocità. Il secondo è di tipo passivo e regola la fase tra gli avvolgimenti del motore, compensando le irregolarità di rotazione e riducendo le vibrazioni indotte dal suo funzionamento. Il supporto per il motore, infine, con la sua base di massa elevata e una serie di isolatori elastici riduce ulteriormente le vibrazioni superstiti. La realizzazione delle parti componenti il telaio è stata effettuata su tolleranze strettissime, e con estrema cura anche e soprattutto per quanto riguarda il contenimento delle risonanze, il controllo delle quali è avvenuto mediante sofisticati programmi. Per la realizzazione del braccio, il Lancellotto, si è adottato un approccio altrettanto innovativo. In primo luogo per quanto riguarda il sistema di articolazione, che coerentemente a quanto avviene per il perno del giradischi è anch'esso a sospensione magnetica. Non avrebbe avuto senso infatti l'adozione di un tradizionale sistema rigido a fronte del grado di libertà conferito al supporto del piatto. L'unico motivo di incertezza per tale soluzione riguarda le masse in gioco, molto differenti tra i due elementi, che potrebbero dar luogo a un responso non del tutto coerente, per articolazione del braccio e perno del piatto, allo stimolo meccanico. Viceversa, con l'impiego di un sistema di sospensione tradizionale, entrambi si troverebbero vincolati a una singola struttura rigida, il controtelaio, montata elasticamente. Quella del giradischi Klimo è in ogni caso una soluzione estremamente avanzata, che peraltro ha ben dimostrato la sua efficacia a livello funzionale. La necessità di porre al riparo il fonorivelatore da eventuali campi magnetici dispersi, in agguato con l'impiego di un simile sistema di sospensione, ha determinato il posizionamento dei relativi magneti alla massima distanza possibile dal dispositivo di trasduzione, ovverosia nella parte inferiore delle basi destinate al supporto del braccio e del piatto. L'articolazione del Lancellotto è del tipo a levitazione magnetica per il movimento orizzontale, e multipivot per il movimento verticale. Ne deriva un grado di libertà sia sull'asse verticale, in virtù della presenza della sospensione magnetica, sia su quello trasversale, con la canna del braccio flottante attorno a un supporto in teflon. A questo è accoppiato l'asse di sostegno che va a inserirsi nella base, ed è oggetto della forza repulsiva fornita dai magneti. Al suo centraggio provvede una bussola in teflon di adeguata consistenza. Comprensibilmente, un sistema simile comporta un'articolazione piuttosto "ballerina”, alquanto inconsueta rispetto agli accoppiamenti rigidi dei tradizionali bracci imperniati. 0sservando uno di questi ultimi oscillare sull'articolazione come fa il Lancellotto, si penserebbe subito a un malfunzionamento e alla necessità di sottoporlo a una profonda revisione. Come vedremo, anche nell'impiego pratico un braccio simile determina sensazioni non proprio tranquillizzanti, dovute alle caratteristiche dell'articolazione, alle quali si fa comunque l'abitudine in breve tempo. Non ne risente in maniera troppo pesante la precisione di puntamento dello stilo, che permette di centrare senza soverchie difficoltà il solco muto tra un brano dell 'LP e l'altro. Tra i vantaggi attribuiti al sistema dal costruttore vanno annoverati il basso peso specifico nei punti di lavoro, con minori attriti, usura, sensibilità alle variazioni di temperatura e maggiore stabilità. Per ottimizzare le prestazioni del braccio si è agito su tre punti fondamentali: elevata lunghezza effettiva per ridurre l'errore radiale di lettura, riduzione degli attriti dell'articolazione e smorzamento delle risonanze. Per ottimizzare quest'ultimo aspetto senza penaIizzarne altri, Klimo ha sperimentato numerose soluzioni diverse fino ad arrivare a quella che abbiamo di fronte agli occhi, basata su tre punti di disaccoppiamento, due dei quali in corrispondenza dell'articolazione. Per ridurre l’errore radiale di lettura, uno tra i punti deboli del braccio imperniato, ma senza ricadere nelle incertezze funzionali della maggior parte dei tangenziali, si è deciso di ricorrere a una canna estremamente lunga, che determina una lunghezza effettiva superiore ai 330 mm. Se ne avvantaggiano le capacità di tracciamento, soprattutto in corrispondenza dei solchi più interni. Una lunghezza simile ha reso praticamente inutile la presenza di un sistema di compensazione per la forza centripeta che si genera in fase di lettura, proporzionale all'errore radiale di lettura. che infatti non è previsto per il Lancellotto. Denominazione che ben si attaglia alle doti visive de1 braccio, caratterizzato inoltre da una canna a profilo rastremato e a cavità interna variabile, al fine di controllare con maggiore efficacia le sue risonanze. Lo shell è integrato al resto per mezzo di una vite a esagono che ne permette l'angolazione. Diversamente dal solito, non dispone di asole per regolare l'overhang, sul quale si agisce facendo scorrere la base del braccio sull'asta che la collega a quella destinata al sostegno del piatto. In dotazione ci sono una coppia di contrappesi, di massa diversa l'uno dall'altro, che a detta del costruttore permettono l’impiego di qualunque fonorivelatore. Sono caratterizzati da una foratura eccentrica, la quale più che per una regolazione dell'angolo di tracciamento orizzontale, l'azimuth, sembra destinata a posizionare le masse in modo da migliorare la stabilità meccanica del sistema. Detti contrappesi dispongono di grani di fissaggio per il corretto accoppiamento alla canna. C’è un u1teriore contrappeso, adibito alla regolazione del peso di lettura, calibrato in modo tale che, con il fonorivelatore in dotazione, ogni rotazione completa corrisponda a una variazione di 0.1 grammi. Non disponendo di vite di fissaggio, è tenuto in posizione nel momento in cui viene a contatto con un o-ring lasciato libero di scorrere sulla porzione filettata della canna. Una soluzione forse un pò empirica, efficace in un solo senso di rotazione, dato che diminuendo la forza di lettura il contrappeso viene ad essere di nuovo completamente libero. L’angolo di tracciamento verticale, VTA, è regolabile agendo sulla vite di fissaggio posta sul retro della base, che libera la bussola adibita al sostegno dell'articolazione. Dati il peso dei componenti in gioco e la semplicità del sistema, risulta alquanto complesso effettuare le regolazioni di entità più sottile. Impeccabile è la soluzione adottata per la connessione del cavo, che fa capo a una coppia di connettori di pregio adeguato, saldamente fissati alla struttura. Inutile dire che per il cablaggio interno viene utilizzato cavo della qualità migliore. Il fonorivelatore Ertanax prende il suo nome dalla spina del pesce magico con cui Merlino soleva toccare le persone per guarirle da ogni male. Si tratta di un bobina mobile dall'uscita piuttosto sostenuta, 1 mV tanto che è possibile utilizzarlo anche con un ingresso MM di buona sensibilità, fatte salve le caratteristiche dell'impedenza di carico, fin troppo elevata per le sue necessità in casi del genere. L'Ertalìax si adatta a valori tra 100 W, raccomandata, e 300 W. Il corpo potrebbe essere definito come “seminudo”, dato che dell'involucro esterno tradizionale restano solo la parte frontale, quella superiore, e le due protuberanze di protezione per lo stilo. Questo è realizzato con un taglio Gvger S tipo I, e montato su un cantilever in boro. Le bobine si avvalgono di materiali di primissima qualità per il loro avvolgimento, effettuato con argento, mentre i magneti sono in alnico. La massa del braccio richiesta va da 9,5 a 18 grammi. Il peso di lettura consigliato è pari a 2.2 grammi. Non bassissimo, è in linea con la media dei fonorivelatori di tipo e segmento simili. Nella sua realizzazione, eseguita dalla EMT, ci si avvale delle tecniche più moderne di micromeccanica. L'assemblaggio del sistema, per quanto caratterizzato da diversi aspetti che ne sottolineano le particolarità realizzative, è tutt'altro che complicato, dato il numero contenuto delle parti in gioco. Anche la messa a punto non è assolutamente difficoltosa, favorendo l'impiego della macchina anche da parte di chi non si sente un mago su cimenti del genere. Una certa attenzione va fatta naturalmente al posizionamento della base per un'esatta taratura dell'overhang, ed anche al punto in cui si situa il motore, in modo tale da evitare che la cinghia sia troppo tirata, o al contrario troppo lasca. A parte ciò, e fatte salve le necessarie operazioni di bilanciamento del braccio e di impostazione del peso di lettura, il Tafelrunde può essere visto quasi come un giradischi plug and play. Inutile dire che il comportamento all'ascolto appare fin dalle primissime battute profondamente influenzato dalle sue peculiarità realizzative. La fIuidità con cui il segnale audio fuoriesce dai diffusori lascia lascia fin quasi con il fiato sospeso: non solo nei passaggi di minor intensità, ma anche in quelli più complessi, in corrispondenza dei quali mantiene superiori focalizzazione e capacità di discernimento tra i diversi componenti dell'informazione sonora. E questo è senz'altro il punto che lo differenzia in maniera sostanziale, e anche percepibile con la facilità maggiore, nei confronti delle macchine tradizionali. Le quali, chi più, chi meno, tendono sempre un pò a perdere il bandolo della matassa di fronte agli stimoli di entità maggiore, ammassando gli strumenti l'uno sull'altro e rendendone più difficoltosa la percezione delle effettive caratteristiche sonore. A tali peculiarità non deve essere del tutto estraneo il ridotto errore radiale di lettura, che si fa sentire in particolare nei solchi più interni, sui quali il front-end traccia a meraviglia anche i passaggi più ostici, mantenendo in tali condizioni uno standard qualitativo molto elevato. Da prerogative simili hanno origine capacità di estrazione di informazioni dal solco che non esito a definire fuori dal comune, in grado di mutare profondamente le doti fino ad ora attribuite a una qualunque incisione. Di ogni disco che si ascolta, meglio se conosciuto a fondo, il Tafelrunde offre la riproduzione da un punto di vista alquanto diverso da quello cui si era abituati con l'impiego di altre macchine, per quanto di valore, mutandone le caratteristiche apparenti fin quasi, in alcuni casi. a stravolgerle. Non si tratta di semplici variazioni di ordine timbrico, bensì degli effetti dovuti a una profondità di analisi di livello molto superiore alla norma. Ne deriva una definizione ben più accurata dei piani sonori, che arriva finanche a sovvertire l'equilibrio tra i diversi strumenti che hanno preso parte alla registrazione. Il fraseggio di ognuno può essere seguito con una continuità ben poco comune, abbinato all'apparire, con frequenza sconcertante, di nuovi particolari finora inosservati. Lascia di stucco anche la loro entità, che fa sembrare impossibile il non averli notati prima. Talvolta accade addirittura che siano intere linee strumentali a saltar fuori come dal nulla. Il tutto avviene con un’assenza di asprezze e metallicità che bisognerebbe far ascoltare al più incallito tra i digitalisti, che a quel punto, ci scommetto, avrebbe la fortissima tentazione di buttare nel WC tutti i suoi CD. Insomma, con macchine come il Tafelrunde non c'è proprio partita, e per quanto anche il digitale riprodotto da sorgenti di valore possa risultare gradevole, qui siamo proprio su un altro pianeta. Soprattutto per quanto riguarda la precisione, la fluidità e la naturalezza della riproduzione, improntata a una continuità eccezionale del passaggio sinistro-destro, sottolineato come meglio non si potrebbe da certi giochi di percussioni che col digitale non ci si sogna neppure. Giochi di percussioni svolti oltretutto su segnali di entità molto fine, eppure percepibili con facilità disarmante, dato che svettano sul tappeto degli altri strumenti con grande nitidezza, conferendo alla riproduzione una completezza davvero eccezionale, che assieme alle superiori qualità di discernimento tra le diverse componenti del segnale rappresenta uno tra i numerosi aspetti d'eccellenza di una macchina che, una volta assaggiate le sue doti, si vorrebbe fare propria a tutti i costi. Con il Tafelrunde, insomma, l'ascolto di qualsiasi disco è un'esperienza nuova. È il caso di sottolinearlo ancora una volta, non in base a un allineamento timbrico precalcolato con astuzia, ma proprio per l’estremo approfondimento dell’indagine svolta sul segnale audio custodito nel solco vinilico. Qualcuno ha detto che ancora oggi non si è arrivati a definire il limite massimo, a livello qualitativo e per quantità di informazioni, che è possibile trarne. Dopo l'ascolto del Tafelrunde si è disposti a dare maggior credito che in precedenza ad asserzioni del genere. Il rilievo che riesce ad attribuire agli stimoli più sottili, pur nella presenza contemporanea di segnali di ben altra entità, assieme alla ricchezza armonica della sua struttura timbrica, di grande complessità, conferiscono al giradischi la capacità di dar vita a una riproduzione di luminosità, naturalezza, presenza e realismo inoppugnabili. Interessante notare che, finora, non si è fatto il minimo accenno, se non per via indiretta, alle doti timbriche della macchina. Non per calcolo, ma perchè altre sensazioni, quelle associate a una riproduzione di tale livello qualitativo, prendono spontaneamente il sopravvento, testimoniando ancora una volta l'importanza non dico marginale ma senz'altro molto relativa dell'equilibrio reciproco conferito alle diverse gamme di frequenza. In ogni caso, la voce del sistema è improntata a un'ottima chiarezza della gamma media, e ci mancherebbe, allineata con precisione eccezionale, per livello e caratteristiche sonore, a quella superiore, che sembra esente da limiti di estensione, anche in virtù delle doti meccaniche del fonorivelatore, per quanto riguarda taglio dello stilo e cantilever, sottilissimo, nonchè sufficientemente rigido e leggero per posizionare la propria risonanza al di fuori della banda audio. Dalla timbrica molto vicina alla neutralità, sulle prime al Tafelrunde sembra mancare un pò di impatto ed estensione in gamma bassa. Proseguendo nell'ascolto, si ha l'impressione che non sia una mancanza, la sua, ma un'esasperazione quella di altri giradischi, forse dovuta agli effetti delle loro prerogative funzionali, in particolare per quel che riguarda il maggior numero di vincoli meccanici presenti nella loro struttura. Si perviene a tale convincimento anche in base alle superiori doti di articolazione della gamma inferiore, caratteristica questa che di nuovo si distacca fortemente dalla media, per quanto intesa su un piano di livello elevato. L’incedere del contrabbasso viene reso in tutte le sue sfumature, anche quelle che più facilmente tendono a mimetizzars, conferendo alla sua sonorità quelle doti di pienezza e rotondità che solo una decisa estensione in frequenza verso il limite inferiore è in grado di porre in tale rilievo. Quando i segnali in gamma bassa e bassissima sono contraddistinti da un'enfasi particolare, il Tafelrunde dimostra comunque la sua attitudine a porne in luce le caratteristiche con encomiabile completezza. Le doti del comparto inferiore sono ulteriormente poste in evidenza dal fatto che anche il fraseggio di bassisti dalla tonalità alquanto tenebrosa, come quella di Jeff Berlin o Percy Jones, spesso di percezione oltremodo difficile quando non del tutto impossibile, acquisisca una scansione nettamente più definita, articolata e approfondita. In particolare nella gamma più profonda, conferendo ulteriore completezza alla riproduzione sonora. Per quanto riguarda la dinamica, il giudizio potrebbe essere alquanto controverso. Il contrasto tra i diversi strumenti e il rilievo che viene conferito al variare dell'impeto con il quale i singoli esecutori vi entrano in contatto sono in effetti di valore assoluto. Viceversa, in ambito più generale si potrebbe trovare forse qualche esemplare capace di mollare botte più secche e apparentemente impetuose, ma sempre a prezzo di una grave perdita di definizione e focalizzazione per i diversi strumenti, e per la riproduzione nel suo insieme. In casi simili ritengo che parlare di dinamica sia alquanto improprio, trattandosi invece quasi sempre degli effetti delle risonanze autoindotte dal sistema di lettura in corrispondenza dei passaggi di entità maggiore. Non scarsa dinamica, allora, ma molto più probabilmente un effetto dovuto alla capacità di porre lo stilo nelle condizioni di lavorare con un maggiore grado di libertà dagli influssi dovuti alle imperfezioni del sistema nel suo insieme, che come sempre danno luogo a stimoli meccanici, i quali, sia che vadano ad aggiungere o a sottrarre qualcosa all'informazione audio, rappresentano comunque una causa di degrado. Al di là di tutto, siamo di fronte a una sorgente capace di trasformare profondamente la caratura sonora di un impianto di livello elevato, i cui componenti non potranno che trarre grande beneficio da simili prerogative del segnale che giunge al loro ingresso. In effetti, il salto di qualità verificatosi con l'impianto del quale il Tafelrunde è entrato a far parte lo sì può toccare con mano: una riproduzione accurata, luminosa e vitale, come poche volte accade. Un front-end di primissima, insomma, che restituisce significato a una definizione come alta fedeltà, ritenuta obsoleta più per i significati negativi derivanti dal suo uso improprio nel corso degli anni, ma che con una sorgente di tal fatta, e componenti a valle in grado di renderle giustizia, riacquisisce tutto il suo vero significato. E forse andando anche un pò oltre i limiti che comunemente si attribuiscono alla riproduzione sonora. Per quanto riguarda i costi, va da se che il sistema T afelrunde-Lancellotto-Ertanax non possa essere molto economico. Il distributore tuttavia ha fatto il possibile per contenerne il prezzo. soprattutto per quanto riguarda il sistema completo, in vendita a 12.800 euro, tavolo escluso. Il sistema Tafelrunde-Lancellotto costa invece 8,400 euro. Entrambe le soluzioni permettono un risparmio consistente rispetto ai prezzi delle singole parti. Stiamo parlando in ogni caso di cifre importanti, per quanto in linea con l'odierna realtà dei segmenti di vertice riguardanti la riproduzione analogica. I quali, oltretutto, si basano in larga parte su prodotti che non possono vantare le prerogative funzionali del nuovo giradischi Klimo. Si tratta in definitiva di una macchina votata all'eccellenza, che oltre a conferire nuovo lustro alle doti musicali intrinseche del miglior analogico, rende ancora più pesante un divario che neppure i formati digitali di esordio più recente sembrano in grado di mitigare.
Claudio Checchi
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