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Audio Review | 216 – settembre01 | Merlino Gold+Kent Gold | Claudio Checchi |
KLIMO Merlino Gold e Kent Gold
Klimo è uno di quei marchi per iniziati, molti tra i quali preferiscono tenersi lontani dalla ribalta tecnologica attuale, che al momento sembra prediligere soluzioni mirate più alla quantità che alla qualità, dedicandosi invece al graduale ma continuo affinamento di realizzazioni ben collaudate ed altrettanto efficaci sotto il profilo musicale. Per questo motivo il costruttore tedesco non è mai venuto meno al suo rapporto esclusivo con le valvole termoioniche, elementi attivi che mai come al giorno d'oggi sembrano trovare consenso presso la clientela più esperta ed esigente. Lo stesso sta avvenendo con l'analogico, campo nel quale c'è addirittura più d'uno che giura di ottenere sensazioni di maggior soddisfazione da giradischi anni '50, che dovrebbero già da molto tempo essere in piena obsolescenza, che dalle macchine digitali dell'ultima generazione. Vabbè che siamo in un periodo che favorisce i revival di qualsiasi genere si tratti, dai gruppi folk ai frigoriferi di falso modernariato, ma fatti simili dovrebbero far riflettere. Chissà che invece di una tendenza stravagante per gente affetta da un inguaribile romanticismo non si tratti effettivamente di una preferenza davvero motivata dalla percezione di qualcosa che, con le tecniche più recenti, sembra definitivamente andato perduto. In particolare per quanto riguarda le amplificazioni a valvole, va rilevato innanzitutto come, precedentemente all'esordio del digitale, di esse non si parlasse quasi più. Hanno iniziato a rientrare in gioco proprio con il diffondersi dell'audio a codifica binaria, del quale riescono a stemperare alcuni tra i difetti più grossolani, senza precludere la fruizione di quelli che ne rappresentano gli innegabili vantaggi. Anche il continuo incremento per la sensibilità media dei sistemi di altoparlanti ha avuto il suo ruolo, tornando a rendere percorribile un'alternativa alle amplificazioni di potenza elevata. Queste ultime sono divenute necessarie a partire dagli anni Sessanta, per il proliferare di tecniche inerenti il progetto dei sistemi di altoparlanti volte ad ottenere una maggior linearità di risposta, sia pure a scapito in primo luogo proprio della sensibilità, complicando parecchio la vita delle elettroniche a valvole. Oltre ad essere in gran parte impossibilitate ad erogare potenze molto sostanziose, queste erano penalizzate da altri problemi che le riguardavano, concernenti l'affidabilità e la vita utile dei tubi a vuoto. Con il progressivo diffondersi del caricamento in bass reflex, la sensibilità dei diffusori è tornata a salire. E così, complici i notevoli miglioramenti tecnologici che hanno interessato la metodologia costruttiva delle valvole termoioniche e la qualità dei materiali impiegati allo scopo, assieme al costante perfezionamento della componentistica di contorno ed al parallelo affinarsi delle tecniche progettuali, hanno reso di nuovo i tubi a vuoto un'alternativa percorribile. Soprattutto per chi non pretende pressioni sonore da discoteca, e magari in ambienti estremamente ampi, ma è in primo luogo verso la qualità dell'ascolto che rivolge il proprio interesse. Il diffondersi del digitale ha poi fatto il resto, e così se nell'ascolto di una buona sorgente analogica il confronto tra pregi e difetti delle valvole e del migliore stato solido, tutto considerato, potrebbe far scaturire un verdetto di sostanziale parità, porre tubi a vuoto a valle di gran parte delle sorgenti digitali oggi in circolazione può effettivamente ricondurre a sensazioni dimenticate. Quando si preleva l'amplificazione Klimo dal magazzino, si resta colpiti innanzitutto dalle dimensioni degli imballi. Aprendoli, si scopre che il loro contenuto ha in realtà dimensioni assai minori di quel che lascerebbero prevedere, dato che buona parte dello spazio interno è assorbito da strutture antiurto, sempre in cartone. Eliminandole, si scopre che ciascuna delle elettroniche è poi bloccata in una sorta di gabbia esterna, particolarmente robusta e realizzata in legno di spessore notevole, che secondo gli intendimenti del costruttore dovrebbe porle al riparo da urti e perfino da cadute accidentali. Di sicuro una protezione simile ha un costo non indifferente, ma rispecchia anche la preoccupazione che pre e finali arrivino all'acquirente nelle condizioni migliori, e in grado di esprimere appieno il loro ragguardevole potenziale. Di certo le macchine da musica non si giudicano dall'imballo: eppure quando ci si imbatte in una grande attenzione anche per aspetti simili, difficilmente poi si resta delusi dal comportamento sul campo. Il prezzo dell'amplificazione in esame non è certo abbordabilissimo, per quanto ne rispecchi le notevolissime prerogative musicali. È possibile comunque ricorrere all'usato ricondizionato a cura del distributore, sia negli elementi attivi sia in quelli passivi che dovessero mostrare segni di usura, a prezzi che variano tra il 60 e il 70% del listino, a seconda dell'anzianità dell'esemplare. Anche su tali apparecchiature viene applicata la garanzia ufficiale.
Preamplificatore Merlino Gold
Già da parecchio tempo nel listino Klimo è presente il preamplificatore
Merlin, contraddistinto però da un prezzo all'incirca doppio rispetto
al modello descritto in queste pagine. Gran parte della differenza, in termini
monetari, può essere individuata nell'assenza dello stadio phono, essendo
il Merlino un amplificatore solo linea. È disponibile anche in versione
passiva, ad un prezzo ancora dimezzato. L'estetica ricorda alquanto quella degli
altrettanto, o forse più noti, Electrocompaniet, soprattutto per via
dell'impiego di una soluzione simile per la finitura del frontale, effettuata
con una lastra di metacrilato trasparente, a sfondo nero. Il materiale conferisce
una brillantezza difficilmente ottenibile da una superficie metallica nuda,
per quanto laccata o spazzolata con grande raffinatezza. Più d'un elemento
di distinzione separa il Merlino dall'esempio sopra riportato, per esempio le
proporzioni tra altezza e larghezza del frontale, in questo caso molto più
a favore della prima, e l'impiego di manopole cromate e lucidate anziché
dorate. L'ampia scritta al centro del pannello evita qualsiasi confusione, ed
è affiancata dalla spia di attivazione, realizzata con il logo del costruttore
retroilluminato suggestivamente in verde. Sul lato sinistro c'è la terna
di manopole su cui si articola il controllo del Merlino, destinate all'attenuazione
del livello, alla selezione tra le sorgenti, ed all'invio o meno di segnale
alle uscite registratore assieme all'attivazione del tape monitor. Sul lato
opposto c'è solo la levetta di attivazione, di ottima fattura, sormontata
dalla scritta power incisa su una piastrina metallica, a sua volta incastonata
nel frontale. Il Merlino Gold è disponibile con copertura superiore in
metacrilato trasparente, che lascia una piena visuale sulla sua realizzazione
interna. La versione Gold rappresenta la massima espressione del progetto Merlino,
ed è dotato di componentistica sottoposta a selezione più stringente,
circuiti stampati con piste e piani di massa dorati, cablaggio realizzato con
cavo di riferimento, con ogni probabilità di produzione propria. Quest'ultimo
particolare è disponibile in opzione anche sul Merlino in versione normale,
ma ad un prezzo che rende più conveniente il Merlino Gold, anche per
le altre numerose migliorie che lo caratterizzano. Il pannello posteriore ospita
connessioni per quattro sorgenti e uscite per due coppie di finali. Unico punto
debole della realizzazione è l'aspetto del telecomando, che agisce sul
controllo del volume, davvero non in linea con le prerogative tecniche e visuali
del preamplificatore. In particolare per quanto riguarda la sua forma sgraziata
e per i due pulsantoni gialli che lo fanno assomigliare più ad un elemento
per cancelli o serrande motorizzate. L'interno presenta una realizzazione pulitissima,
dal lay out disposto in maniera talmente ordinata da rasentare la pignoleria.
Tutti i componenti sono messi in fila come un piccolo esercito, allineati come
se invece che al servizio di un circuito elettronico dovessero essere i protagonisti
di una mostra. Prerogative queste che si ritrovano sovente nella produzione
nordeuropea. Quali elementi attivi sono utilizzate due ECC 88, anch'esse selezionate
con il massimo rigore. Malgrado la presenza del tape monitor la lunghezza del
circuito è per quanto possibile ridotta, non a caso un commutatore esclude
le uscite tape quando il loro impiego non è necessario. A tale scopo
potenziometri e selettori, questi ultimi dal movimento non particolarmente convincente,
bisognoso di rodaggio a detta del costruttore, dopo il quale si comportano in
maniera molto più naturale, sono montati a ridosso della sezione di ingresso,
e collegati al frontale mediante lunghi rinvii metallici. Notoriamente i tubi
a vuoto risentono alquanto di vibrazioni e disturbi esterni: a questo riguardo
sono stati numerosi i rimedi proposti, anche dal mercato dell'accessoristica.
La soluzione Klimo è tra quelle più radicali e, potenzialmente,
di maggiore efficacia. Si tratta in pratica di una sospensione su cui è
disposto l'intero circuito stampato, effettuata mediante l'interposizione di
elementi smorzanti nei punti di contatto tra questo e il telaio. Ai suoi effetti
si aggiungono quelli dovuti alla presenza di piedini smorzanti dall'anima particolarmente
morbida.L'alimentazione separata per i due canali completa il profilo del preamplificatore.
Amplificatori finali Kent Gold
Anche i finali monofonici Kent Gold dispongono di un imballo di protettività
e robustezza simili a quelli del Merlino. Una volta liberati da esso, il loro
possessore ha ancora più d'un lavoro da compiere. Si tratta innanzitutto
di sistemare in loco le due coppie di elementi attivi che ciascuno di questi
utilizza, e poi di montare il pannello frontale. La scatola di ogni valvola
è contraddistinta da un numero, 1 o 2. La numero i va installata nella
postazione di sinistra, ponendosi davanti al finale, la 2 a destra. Dopodiché
si installa il frontale, sempre in metacrilato a fondo nero, una parte del quale
è stata lasciata trasparente per consentire l'osservazione dell'interno.
La spia di attivazione è identica a quella del pre, mentre il pulsante
di attivazione è posto sul retro, in corrispondenza del pozzetto per
il cavo di alimentazione. Quelli forniti in dotazione, anche per il pre, sono
di ottima fattura, e marchiati con il lago del costruttore. La copertura esterna
dei finali è affidata ad una sottile lastra in acciaio inossidabile,
sull'intera superficie della quale sono state ricavate asole per il raffreddamento
della componentistica. In effetti, il riscaldamento dei finali è notevole,
al punto tale che ponendo una mano sul pannello superiore, nelle vicinanze delle
valvole finali, ci si scotta. Si tratta di una coppia di EL 34 di produzione
speciale, effettuata dalla tedesca AEG, una volta molto nota anche in Italia
per la sua produzione di elettrodomestici. Permettono di ottenere circa 40 watt
ai morsetti di uscita e sono precedute da due ECC 83. Particolare importanza
è stata ovviamente attribuita ai sovradimensionati trasformatori di uscita,
che hanno secondari separati per il pilotaggio di diffusori di impedenza da
16 fino a 1 ohm. Il costruttore tiene a specificare che per i Kent Gold i componenti
utilizzati sono stati scelti uno ad uno, in base alte loro prerogative sonore,
durante prolungate sessioni d'ascolto. Anche stavolta abbiamo uno stampato placcato
in oro e sospeso elasticamente sul telaio, mentre l'alimentazione è basata
su un trasformatore toroidale di dimensionamento non esasperato e su capacità
di filtraggio adeguate alle richieste energetiche della circuiteria che è
chiamata a foraggiare. Da notare infine l'impiego di cavo Klimo Asas per la
connessione interna alle prese d'ingresso. Particolare, e curata al massimo,
è anche la realizzazione del trasformatore di uscita, che si avvale di
un traferro di disegno speciale. Va detto, infine, che i Kent Gold rappresentano
la versione più recente e raffinata dei finali Kent, che risalgono al
1983. Veniamo finalmente all'ascolto dei tre telai. Dopo averlo acceso, si comincia
a sospettare che qualcosa non vada, dato il silenzio che ostinatamente continua
ad avvolgerci. Colpa del pre, che fino al momento in cui gli elementi attivi
non sono entrati un minimo in temperatura, impedisce al segnale di fuoriuscire.
Tre o forse quattro minuti di attesa, e siamo dunque in grado di ascoltare le
prime note, emesse dai diffusori con grande forza e convinzione. Inutile tentare
paralleli con le amplificazioni a stato solido, dato che più vado avanti
e più mi convinco che sia una categoria totalmente diversa da quella
relativa ai valvolari. Non in meglio o in peggio, solo diversa, con ognuna di
esse che presenta caratteristiche timbriche e funzionali del tutto distinte.
Il fine è lo stesso, ma ciò non toglie che fare dei paragoni in
questo senso sia estremamente difficile. La sessione inizia a volume relativamente
contenuto, e nondimeno si può già apprezzare una timbrica piena
ed autorevole. La maggior parte degli esemplari a stato solido suonerebbe in
condizioni simili assai striminzita, tanto da far sospettare che i controlli
di loudness siano stati inventati a loro uso e consumo. Ruotando ulteriormente
la manopola del volume si comprende che di potenza ce n'è in abbondanza,
e come sempre avviene coi valvolari la sensazione d'ascolto eccede di gran lunga
quel che ci si attenderebbe dal mero valore di targa. Inutile ripetere la solita
pappardella riguardante la "benignità" delle distorsioni proprie
dei tubi a vuoto, concentrate su armoniche pari e di basso ordine, che permette
di tirarle a morte, anche oltre il 5% di distorsione, senza per questo dover
sopportare i pesanti indurimenti dello stato solido. Oltretutto, ho l'impressione
che la potenza dei valvolari sia in qualche modo più sfruttabile, consentendo
in definitiva di ascoltare a volume elevato quando con un esemplare a stato
solido la fatica di ascolto ci avrebbe ridotto da un pezzo a ben più
miti consigli. Addirittura, la stragrande maggioranza delle elettroniche a tubi
fin qui capitatemi sotto mano ha dato l'impressione di voler essere strapazzata
un pochino, ponendo in luce le sue doti migliori quando si richiede loro uno
sforzo energetico piuttosto sostanzioso. Ai livelli inferiori le cose vanno
già molto bene, per carità, ma è solo quando si alza il
volume che si riescono ad apprezzare appieno la luminosità, la grandezza,
il respiro del suono delle valvole. Sotto questo aspetto il tre telai Klimo
non sembra molto diverso dal solito, ponendo in luce le sue doti migliori con
il potenziometro che indica poco oltre le ore 9, con CD registrati a livelli
non particolarmente elevati. Direi anzi che i finali tendono ad assecondare
un'eventuale voglia di pressioni sonore elevate, dato che coi soliti B&W
803 Serie II, inseriti in un ambiente di dimensioni non vaste ma piuttosto assorbente,
non si riesce a vedere il fondo, nel senso che prima di arrivare a percepire
cenni evidenti di compressione si è usciti dalla stanza, dato che è
proprio quest'ultima ad entrare in crisi. Quindi di potenza ce n'è a
volontà, anche per chi teme di non averne abbastanza per le proprie esigenze.
Anzi, la possibilità di predisporre i trasformatori di uscita anche per
carichi di 1 ohm dovrebbe rendere i Klimo Kent Gold adatti anche al pilotaggio
di sistemi per i quali sarebbe prescritto un esemplare a stato solido. Purtroppo
non avendo a disposizione diffusori simili non ho potuto effettuare la controprova,
ma dato che con quelli utilizzati, che scendono ben sotto i tre ohm, si è
avuto un comportamento ottimo sia pure con il cablaggio adatto a diffusori da
8 ohm, si può ipotizzare una compatibilità apprezzabile anche
con carichi molto ridotti. La sonorità dell'amplificazione Klimo rispecchia
i parametri migliori di solito associati ai valvolari: morbidezza, vitalità,
vigore e precisione su tutte le gamme dello spettro, legate assieme da grande
coerenza. Il tutto senza dar luogo ai difetti imputati di solito ai tubi a vuoto,
come quella relativa mollezza, dovuta forse alla refrattarietà a dar
vita a fronti di salita particolarmente ripidi, che sembravano connaturati anche
con gli esempi un tempo ritenuti migliori. Retaggi del passato, come hanno dimostrato
molte elettroniche di progettazione recente, e senza scomodare i soliti OTL,
capaci di reattività e tempestività di risposta all'impulso, molto
simili a quelli dello stato solido. Se non addirittura migliori, dato che anche
non raggiungendo una prontezza esattamente uguale, pur se la cosa è tutta
da dimostrare, denotano all'ascolto un minore influsso dovuto agli effetti collaterali,
perdita di nitidezza e indurimento della timbrica, messi in luce dalle circuitazioni
basate su componenti attivi silicei quando chiamate allo sforzo maggiore. Effetti
che probabilmente sono dovuti al crescere repentino delle distorsioni, in gran
parte su armoniche dispari e di ordine elevato, pertanto oltremodo fastidiose.
Certo, se si esigono bassi che più di uno strumento musicale ricordino
la durezza di un portoncino blindato sbattuto in piena faccia, beh, forse neanche
l'esuberanza dei Kent Gold potrà soddisfarvi. Se invece si desidera una
riproduzione armonica e di ottima plasticità anche sui bassi più
profondi, e quindi si è necessariamente disposti a cedere qualcosa in
termini di perentorietà, allora si è sulla strada giusta. Certo,
le sberle suonate da certi mostri dello stato solido fanno effettivamente saltare
sulla sedia per lo spostamento d'aria nei passaggi più caricati. Viceversa,
il controllato, ma rotondo e percepibilissimo, punch dei Kent Gold risulta forse
meno esasperato in assoluto, ma con il proseguire dell'ascolto ci si accorge
che ci massaggia stomaco e scheletro con continuità maggiore, e forse
con migliore approssimazione dell'effetto reale. Per quanto mi riguarda, in
maniera più gradevole e redditizia al risultato finale. Che è
e resterà comunque di grande valore, per la finezza della riproduzione,
la capacità di riproporne i più minuti particolari, senza mai
dimenticare una morbidezza dovuta all'incapacità fin quasi assoluta di
riproporre spigoli troppo aguzzi. Un finale del genere, insomma, è la
cura migliore per tante sorgenti digitali, che vedranno al fine i loro eccessi
notevolmente stemperati. Tranne nei casi più deprecabili, coi quali neppure
le prerogative di un'amplificazione di classe simile riesce a sfumare effetti
che con una riproduzione davvero musicale non hanno molto a che vedere. Comunque
sia, il tre telai Klimo esprime appieno la sua valvolarità, con timbriche
sempre morbide e rotonde, anche nell'ascolto di una chitarra elettrica distorta
e con le corde tirate a morte. Diversamente da quanto avviene con diversi esemplari
basati sui tubi a vuoto, che tendono ad imporre al segnale un loro timbro ben
riconoscibile, per quanto benigno, dovuto proprio alta sonorità sana
della valvola inserita in un circuito ben progettato, le elettroniche tedesche
denotano un'ottima trasparenza per quelle che sono le caratteristiche della
sorgente, il cui valore ne influenza notevolmente il comportamento. L'abbinamento
ideale potrebbe essere con quelle che hanno dalla loro un po' più di
verve, dato che utilizzandone una non particolarmente esuberante, per quanto
timbricamente gradevole, si può apprezzare una sonorità ottima
ma forse non così dinamica come sarebbe consentito dalle prerogative
dell'amplificazione. Arrivato a questo punto, mi è venuta la curiosità
di andare a vedere su quale impedenza sono ottimizzati i finali all'uscita di
fabbrica. Il manuale dichiara che la connessione adottata è adatta per
diffusori da 4/8 ohm anche se, poche pagine più avanti, si può
osservare come la connessione per diffusori a 8 ohm differisca alquanto da quella
per i 4 ohm. Allora ho smontato i finali e mi sono accorto che sono effettivamente
configurati per gli 8 ohm. Spostare i cablaggi non è semplice, dato che
l'esiguo spazio a disposizione impone di rimuovere il trasformatore di uscita.
Con le dovute cautele, altrimenti il suo peso, una volta lasciato libero, potrebbe
strappar via le connessioni allo stampato. Fondamentale è anche rimuovere
il frontale, dato che la sua realizzazione non gli permette di avere una funzione
portante, e potrebbe essere sottoposto a sforzi meccanici troppo consistenti
che potrebbero portarlo alla rottura. Una volta risistemato il tutto, l'amplificazione
sembra totalmente aver cambiato carattere. Ora il rilascio di potenza appare
ancora più rapido e convincente, mentre la tipica morbidezza sonora ha
lasciato il posto ad una maggior risolutezza. Si può apprezzare anche
una timbrica più chiara, sia pure meno accomodante nei confronti di registrazioni
non particolarmente raffinate e pulite, o dalla gamma alta alquanto caricata.
Anche il basso appare più asciutto e controllato, e dà l'impressione
di osservare un maggior discernimento nel dispiego del suo potenziale, che appare
incrementato. Ancora migliorate sembrano la luminosità della riproduzione
e la capacità di analisi. È affinata anche la capacità
di riprodurre fino in fondo le nuance timbriche di ogni strumento. Per contro
si ha un approccio meno conciliante coi difetti tipici del digitale. Pertanto,
se la sorgente utilizzata non è proprio di classe sopraffina, anche con
diffusori da 4 ohm si potrebbe preferire la connessione adatta per gli 8. Tornando
all'impiego dell'altro lettore, caratterizzato da uno dei più efficaci
dispositivi anti-jitter oggi in circolazione, si ottiene una riproduzione fin
quasi terrificante per estensione, controllo e potenza delle basse, apertura
e presenza del fronte sonoro, caratterizzato anche da una profondità
e da un'ampiezza estremamente consistenti, nonché da una gran quantità
d'aria a separare i diversi musicisti. Anche registrazioni che appaiono in altre
situazioni confuse e informi acquisiscono una precisione ed una vitalità
inattese, con la voce della cantante che si staglia con grande realismo nell'ambiente
d'ascolto. Impressionante è anche la capacità di differenziare
i diversi piani sonori, ma è soprattutto l'eccezionale rendimento delle
basse frequenze (cosa non si può ottenere eliminando il jitter...) che
mi induce all'impiego della registrazione più terrificante in mio possesso,
caratterizzata da un apporto di bassissime su linee sovrapposte che con impianti
men che ottimi finiscono con il confondere tutto in un insieme indistinguibile.
Affrontata a volume parecchio elevato, è stata riprodotta in maniera
tale da scuotere lo scheletro quasi come fosse un fuscello; ma quel che più
mi ha impressionato è stato il ferreo controllo di frequenze tanto profonde,
potenti e dall'andamento particolarmente complesso, delle quali si può
davvero sentire il respiro, per la gran quantità d'aria che spostano
avanti e indietro con le loro pressioni e contropressioni. Il tutto denota una
fermezza, una decisione inappellabile che lasciano a bocca aperta, o meglio,
fanno rizzare i capelli in testa. Le mura tremano, ma, un po' per la granitica
scansione delle informazioni dovuta alla rimozione del jitter, un po' per le
indiscutibili prerogative dell'amplificazione, mai come stavolta sembrano essere
piegate al volere della musica. Malgrado ciò, le frequenze restanti,
a partire da quelle contigue a tali effetti di prepotenza dinamitarda, fino
alle medie ed alle alte, restano inverosimilmente pulite, a far sembrare semplice
e a tratti quasi vuoto quello che appariva un groviglio orchestrale inestricabile.
Una performance, insomma, di grande energia e dispiego di potenza acustica,
dominata con polso quanto mai fermo, tali da far impallidire più di un
mostro dello stato solido: per di più conservando la luminosità,
la pulizia, la rotondità delle amplificazioni a valvole.
Claudio Checchi
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