Rivista | Data / Nr. | Argomento della recensione | Autore |
Fedeltà del Suono | 154 - 2008 |
Klimo Tine Mono | Andrea Della Sala |
AMPLIFICATORI FINALI MONOFONICI KLIMO TINE MONO
Mi rendo conto che non vi sto presentando una primizia assoluta. Anzi ho già scritto in passato del finale stereo Tine. Per la precisione sul numero 90 di Fedeltà del Suono. Soltanto che da un po' di tempo è disponibile la versione mono e quindi di questa vi parlerò.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima, il mio impianto, la mia casa, io stesso e soprattutto i miei capelli non siamo più gli stessi di alcuni anni fa. Però Klimo continua imperterrito per la sua strada, a proporre oggetti semplici, affidabili e dal suono onesto, schietto, piacevolissimo.
È dunque la volta della versione mono del piccolino di casa, il Tine.
Una novità, quindi.
Ma anche una bella scoperta.
Un ampli di impostazione classica, anche se contenuto in uno chassis, senza valvole e trasformatori in vista come per il novantacinque per cento degli altri amplificatori a valvole.
Basato sulla valvola EL34 che tanto ho amato a suo tempo, potendo, tra gli altri, disporre di un finale stereo Conrad Johnson MV55.
11 piccoletto di casa Klimo si presenta dunque, più o meno, con lo stesso look dei suoi fratelli maggiori Kent e Kent Gold. Curioso il nome che in, una non meglio precisata mitologia druidica, significa "fuoco".
Per converso il nome del top di gamma, il famigerato Beltaine si traduce in "fuoco luminoso".
Ne consegue, eseguendo una raffinata equazione linguistica, che nello stesso idioma nordico il termine "bel" dovrebbe certamente significare "luminoso" e invece è il nome di una divinità.
Valli a capire i nordici!
Forte di circa trentacinque watt su 4 e 8 ohm, i Tine rassicurano anche dal punto di vista costruttivo pesando la bellezza di venti chili cadauno.
Il telaio è costituito da una lamiera piegata chiusa anteriormente da un pannello in plexiglas nero che torna ad essere trasparente sulla sinistra del pannello stesso a creare una sorta di piccola finestra capace di fare intravedere le valvole accese. In pratica si tratta della stessa tipologia di frontale utilizzata nel Klimo Kent.
Sul retro troviamo a sinistra la vaschetta di alimentazione e l'interruttore di accensione e a destra un connettore Rca e le due piccole morsettiere per i cavi di potenza.
Un inno alla semplicità.
Il tutto comunque mi pare si possa definire come certamente elegante, specialmente le scritte sul frontale in bianco serigrafato sul retro della lastra di plexiglass e la kappa di Klimo che si illumina di verde ad ampli acceso (reminescenza del famoso occhio magico presente sul pannello frontale in legno laccato nero del glorioso preamplificatore Merlin della stessa azienda tedesca).
LA PROVA D'ASCOLTO
Il Tine si è sentito subito a casa, avendo incontrato (e dovendo, tragicamente, sostituire) i finali Klimo Beltaine nel mio impianto personale. Non si è certamente trattato di una prova a confronto fra l'entry level e il finale top del marchio di Dusan Klimo. Ovviamente.
Ma non tanto per la questione dei relativi prezzi, circa triplo di quello del Beltaine, quanto per la differente tipologia circuitale e per la filosofia sonica completamente diversa dei due prodotti.
Da anni ospito in casa i finali Klimo top di gamma.
Li ho costretti a pilotare di tutto con risultati il più delle volte sorprendenti ancorché abbastanza poco ortodossi sulla carta.
Anche oggi quei monotriodi da sette watt per canale continuano ad essere usati per amplificare i diffusori Kharma Ceramique 3.2 che avrebbero bisogno di ben altra corrente per dare il meglio di sé. Tuttavia ad oggi, (almeno nel range di prezzo a cui questi vengono proposti sul mercato) non ho ancora ascoltato una gamma media e un estremo acuto altrettanto raffinato, etereo trasparente e al tempo stesso dolce e convincente. Quindi, siccome al cuor non si comanda, ed essendo ormai innamorato da dieci anni di queste sonorità, nessuno ha ancora tirato via i Beltaine dal loro scranno di re dell'impianto.
I Tine sono stati collegati alle Kharma con il cavo di potenza Klimo Reference e al preamplificatore Convergent Sli Ultimate con il cavo Megaride Matt, mentre un White Gold Sublimis si occupava di allacciare il lettore Cd Naim CD 555 al pre medesimo.
Ovviamente i piccoli Tine si sono venuti a trovare immersi in un contesto che non credo possa mai essere il loro destino più probabile, ancorché possibile.
La loro naturale, e vincente, predisposizione è quella intesa a creare impianti dal costo complessivo nell'intorno dei dieci, dodici mila euro.
Però mi piace considerare di aver curato al massimo le condizioni al contorno per verificare al meglio la loro vera natura, la loro qualità intrinseca chiamandoli ad amplificare il segnale migliore che potessi loro offrire.
Le uniche cose che non mi sono sentito di lasciare com'erano sono stati proprio i cavi.
Il cavo di segnale tra pre e finali, ad esempio, che abitualmente è un Audioquest Horizon che da solo costa come una coppia e mezza di Tine. Quel cavo è assolutamente fuori posto qui poiché capace di prestazioni in termini di controllo sul basso e di raffinatezza in gamma alta che comunque contribuiscono sempre a modificare, e sempre positivamente, la catena che lo ospita.
Io invece volevo essere relativamente sicuro di stare ascoltando il più possibile la voce dei Tine e quindi ho preferito il cavo Megaride perché comunque ottimo e in grado di fornire un segnale fresco, pulito e raffinato ad un prezzo che, anche se ancora fuori budget, è apparso comunque congruo con quello della catena che verosimilmente potrà ospitare i finali in prova.
Il cavo normalmente usato tra pre e lettore Cd è un White Gold Prestige M, sostituito con un più tranquillo Sublimis, dolce e dinamico al punto giusto per un ampli come il Tine che, come vedremo, è già abbastanza controllato di suo su tutta la gamma.
I White Gold Prestige M di potenza sono stati sostituiti dall'ottimo cavo Klimo Reference che, ancora , per via del fatto che il Tine gestisce il basso con assoluta disinvoltura, almeno rispetto il Belatine, si sono rivelati azzeccatissimi per il loro superbo mix di musicalità. Calore, fluidità.
Certo, anche così il costo del resto dell'impianto e ancora pure dei soli cablaggi, era come detto un detto un pò eccessivo, ma non avevo altro atto alla bisogna.
Il Tine non possiede circuiti di pre riscaldamento, si accende ed è subito pronto a suonare, ma certamente effettuare un ascolto all'improvviso non è sicuramente il metodo migliore per metterlo a suo agio.
Così come è buona norma, se lo si possiede, utilizzare l'interruttore del mute sul proprio preamplificatore. Se vi dimenticate il volume a cui avete ascoltato ieri e accendete di schianto i Tine, essi suoneranno da subito.
In questo particolare ambito avrei preferito trovare un interruttore di stand by, che non credo costi poi molto, a scanso di possibili schianti di woofer. E' capace di fornire una prestazione audio complessiva molto convincente dopo un paio d'ore dall'accensione.
L'esemplare in mio possesso è stato rodato per circa due settimane e la sua grana si è via via raffinata, ma la cosa migliore è, comunque, quella di farlo riscaldare per bene perché ha, evidentemente un gran bisogno di entrare in temperatura. Suona melodioso, ricco di una tavolozza sonica varia e ben rappresentata, scultoreo e preciso ma per nulla affaticante o teso.
Uno dei suoi punti di forza mi pare di poter affermare sia il controllo.
Controllo esercitato un po' su tutta la gamma ma chiaramente udibile nella regione medio bassa, anche grazie al confronto diretto effettuato con il Beltaine che, proprio, non riesce a rivaleggiare in questo ambito, almeno con i medesimi diffusori (ben altro riescono a fare con litraggi, diametri dei coni ed efficienza maggiori). È un ampli che sfodera una gamma dinamica fluida, molto a fuoco, capace di rendere perfettamente intellegibili una gran quantità di dettagli che non vengono resi evidenti grazie a una iper definita gestione del messaggio sonoro, quanto per la lussuriosa capacità di infarcire di particolari una già godibilissima e sana trama armonica.
I transienti sono resi con inusitato senso del ritmo, con fronti di salita e discesa molto convincenti e spesso perfino avvincenti.
Il basso profondo sfoderato dalle due Kharma è smagliante, turgido, modulato alla perfezione, mancando, ragionevolmente, soltanto di quella estensione da primato che solo ampli molto più costosi e potenti possono offrire. Sono definitivamente tramontati i giorni, per alcuni audiofili anco'oggi gloriosi, in cui un amplia valvole da quaranta watt richiedeva essenzialmente che il suo proprietario fosse dotato di diffusori particolarmente controllati se voleva ascoltare un basso almeno credibile. I Tine rendono gloria alla tecnologia valvolare esaltandone le peculiarità volte alla restituzione di un suono denso, pieno, roccioso, armonicamente e tonalmente ricchissimo e corretto e, senza tradire questi principi basilari del credo termoionico, riescono purea gestire con autorevolezza e fiero cipiglio, (anzi diciamolo pure: a far volare) diffusori non esattamente facili come le 3.2 ceramique di Kharma. La gamma media risulta abbastanza proiettata in avanti, non urlata ma stentorea, chiara, presente.
Le voci riescono a convincere con una presenza, una intellegibilità e una dinamica generale di ottimo livello.
Ovviamente in termini di ariosità lo scotto da pagare rispetto ai fratelli maggiori è ampio e in alcuni casi anche drammatico, ma questa non è certamente una prova a confronto con il top di casa Klimo in termini di amplificazioni (inutile a questi livelli, peraltro) e il solo fatto che su molti dei parametri che comunque contribuiscono a rendere credibile e appagante un ascolto domestico i Tine riescano a surclassare quello che è considerato il vertice musicale partorito dalla stessa mente di Dusan Klimo (controllo, dinamica, velocità, presenza) la dice lunga sulla quantità intrinseca di questi due finali e sul loro posizionamento sul mercato ove troveranno centinaia di antagonisti ma pochi in grado di reggere il loro agghiacciante rapporto suono/prezzo.
L'estremo acuto è sicuramente ben esteso, dotato di buona trasparenza e, anche e curiosamente, di una certa quale capacità di esserci senza strillare, di rifinire senza rendersi eccessivamente protagonista. Non so se, per questa particolare caratteristica, sia giusto definire, a tratti, leggermente scuri questi finali.
Non lo so perché comunque, quando, come detto, si esamini la trasparenza globale della riproduzione, francamente, sembra non mancare nulla, si riesce ad ascoltare più o meno la medesima quantità di micro informazioni e dettagli possibile coi Beltaine ma in un ambito di suono molto più carnoso, denso, compatto, anche se meno arioso.
L'immagine risulta possente in termini di peso specifico dei soggetti riprodotti, priva di eterei svolazzamenti, soltanto un filino meno profonda di come la desidererei, ma ugualmente convincente. È un'immagine realistica ben estesa in larghezza, con un'ottima separazione interstrumentale, con dei contrasti cromatici non esasperati, in cui, per l'appunto, è una certa tendenza alla graniticità a farla da padrone.
In questo la sensazione di fisicità restituita dall'olografia sonora è davvero affascinante e rende molto credibile quello che si ha dinnanzi.
CONCLUDENDO
Il prezzo di questi due finali entry level di Klimo è, considerato Il fatto che il termine lascerebbe supporre trattarsi di oggetti per neofiti o per un secondo impianto, certamente non basso in assoluto, ma, considerati certi eccessi perpetrati nei listini di costruttori di mezzo mondo, diventa assolutamente concorrenziale. Per tentare di spiegarmi meglio dirò che sarebbe un errore sottovalutare i Tine considerandoli come il primo gradino del listino di un costruttore audio qualsiasi. Sono il primo gradino per entrare nel mondo Klimo, nel mondo Klimo vero e proprio, quello dei finali moro, un mondo fatto di sonorità sane, corrette, piacevoli e molto stimolanti per l'approfondimento della propria cultura musicale. Sono finali molto attendibili sul piano tonale, armonicamente ricchi e dotati di un controllo sicuro e appagante su tutta la gamma.
Difetti? Di cose che non vanno, considerando di nuovo attentamente il prezzo a cui vengono posti sul mercato, non ve ne sono se si eccettua una ariosità non eccelsa e una ricostruzione della scena virtuale un poco avanzata.
Per una maggiore liquidità, per una grana più fine, per una fluidità superiore beh, per quello ci sono in catalogo i finali Kent Gold e se a tutto questo vogliamo aggiungere anche la magia, la voglia di sperimentare il non credere alle proprie orecchie, beh, per quello ci sono i Beltaine. Ma, se la cifra che avete stanziato per i vostri nuovi finali non supera, per qualsiasi motivo, i cinquemila euro di listino, allora negare un attento ascolto a questi campioncini sarebbe un delitto.
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